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Città di Castello

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TOUR IN BICI CON GUIDA PRIVATA
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TOUR IN BICI CON GUIDA PRIVATA
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Scopri Città di Castello

Scopri Città di Castello, un territorio di incontro e di confronto, ricco di storia, arte e cultura.

Tra le verdi colline e la luminosa campagna coltivata dell’Alta Val Tiberina, Città di Castello primeggia sui centri vicini, per estensione, ricchezza e peculiarità. Scopri la piccola perla toscana persa nel cuore dell’Umbria, questo centro abitato fu l’orgoglio della famiglia Vitelli che, tra Quattrocento e Cinquecento, ne stravolse il profilo medievale di piccolo borgo trasformando Città di Castello in un gioiello di architettura rinascimentale. Un luogo dalle forme ariose ed eleganti che ancora oggi attira turisti da tutto il mondo.

Artisti come Luca Signorelli, il Vasari e Raffaello si trovarono ad operare in città richiamati dall’ambiente vivace e stimolante che non si è mai spento. Sono passati secoli da allora ma Città di Castello non ha perso nemmeno in epoca moderna il suo ruolo di polo di aggregazione, luogo di passaggio e di incontro tra culture e tradizioni diverse. I numerosi eventi che ogni anno popolano le strade del centro storico testimoniano la quantità immensa del patrimonio da conservare e valorizzare: dalla tipografia, che qui nacque fin dal XVI secolo, alla produzione tessile voluta dalla baronessa Franchetti agli inizi del Novecento, fino alla tradizionale e distintiva produzione del “mobile in stile”. da non dimenticare l’ormai dismessa lavorazione del Tabacco, che ha saputo reinventarsi divenendo la insolita “sala espositiva” di un famoso artista moderno, il tifernate Alberto Burri.

Scopri cosa vedere a Città di Castello tra eleganti palazzi cinquecenteschi, famosi capolavori di artisti italiani e stranieri, musei cittadini, laboratori artigianali ancora in attività. Non mancano manifestazioni culturali di portata nazionale ed internazionale, parchi verdi per gli amanti della natura ed affascinanti percorsi in canoa sul letto del Tevere. Città di Castello non mancherà di regalarvi esperienze ed emozioni uniche da ricordare e raccontare.

Alla scoperta di Città di Castello

Scopri cosa vedere a Città di Castello, da Piazza Gabriotti, cuore pulsante della città medioevale, a Piazza Costa: tra storia, cultura e tradizione.

Ancora oggi è possibile vedere come l’impronta rinascimentale che i Vitelli lasciarono a Città di Castello, con la loro instancabile opera di mecenatismo, rappresenti una delle peculiarità del centro cittadino. A differenza della maggior parte dei borghi medievali umbri, che si abbarbicano tortuosi e stretti tra i vicoli, Città di Castello rompe gli schemi con la pacata bellezza delle sue vie ampie e dritte, impreziosite dalle eleganti facciate dei palazzi cinquecenteschi.

Il vostro itinerario inizierà inevitabilmente dal cuore della città: Piazza Gabriotti, incorniciata dagli edifici pubblici e religiosi simbolo dei poteri costituiti nel tempo. Da un lato l’imponente Duomo, dedicato ai santi Florido e Amanzio (rispettivamente patrono e compatrono della città). Annesso al Duomo è il Museo Capitolare (o del Duomo), dove avrete l’opportunità di ammirare il famoso tesoro di Canoscio, collezione di oggetti liturgici unica al mondo. Dall’altro, il Palazzo Comunale (o dei Priori) con la caratteristica Torre Civica, un tempo decorata con un affresco di Luca Signorelli, oggi parzialmente conservato alla Pinacoteca Comunale.

Proseguite lungo Corso Cavour per pochi metri e sarete affascinati da altri due gioielli di architettura rinascimentale. Il Palazzo del Podestà, realizzato dal famoso architetto Angelo di Orvieto ed uno dei numerosi palazzi signorili dei Vitelli. Il Palazzo Vitelli in Piazza, le cui forme severe si differenziano parecchio dalle raffinatezze dei Palazzi “fratelli”. A questo punto avrete la possibilità di raggiungere un’altra eccellenza tra le cose da vedere a Città di Castello: la Tipografia Grifani Donati, nonché Museo delle Arti Grafiche.

Proseguendo verso la parte settentrionale della città incontrerete il Teatro Comunale e la Chiesa della Madonna delle Grazie. Prima di spingervi così lontano, svoltando sulla via Albizzini, potrete godere della vista di due capolavori d’arte pittorica. Uno è L’incoronazione della Verginedel Vasari e l’altro è “Lo sposalizio della Vergine” (purtroppo solo una copia dell’originale che si trova a Milano) del grande Raffaello. Entrambe custodite tra le mura della Chiesa di S. Francesco. 

Non abbiate fretta di proseguire perché sulla stessa via si ergono ulteriori sontuosi palazzi. Il Palazzo Vitelli a S. Egidio che, con il vasto giardino all’italiana che lo circonda, testimonia tutta la grandezza della famiglia che lo commissionò; ed il Palazzo Albizzini, che interessa non tanto per l’aspetto esteriore quanto per la preziosità del contenuto al suo interno. Infatti, quest’ultimo è uno dei poli della Collezione Burri, noto artista tifernate del Novecento. Dopo le suggestive creazioni del maestro Burri, potrete iniziare la discesa lungo via Mazzini, con sosta in Piazza Costa. In Piazza Costa è possibile fare visita al Laboratorio e collezione tessile “Tela Umbra”, dove ancora operano antichi telai a mano. L’itinerario prosegue fino alla fine del Corso Vittorio Emanuele ed incontrare la Chiesa di S. Maria Maggiore.

A poca distanza, troverete il Palazzo Vitelli alla Cannoniera, ancora oggi un esempio di architettura rinascimentale adibita ad uso moderno. Infatti l’edificio è sede della Pinacoteca Comunale, con opere di artisti che lavorarono in città quali Luca Signorelli e Raffaello. E per concludere la visita in bellezza, lasciatevi rapire dalla maestosità della Chiesa di S. Domenico, la più grande di Città di Castello, con l’annesso chiostro che vi racconterà le vicende della beata Margherita attraverso gli affreschi cinquecenteschi ancora ben conservati.

Sulla piazza Gabriotti, centro della città, sorge fin dall’XI secolo la cattedrale della Città di Castello. Secondo la tradizione, la chiesa romanica sorse sui resti di un precedente tempio pagano e venne consacrata ben tre volte durante la sua lunga esistenza, prima a San Lorenzo e poi successivamente ai santi patroni della citta Florido e Amanzio.

Nelle sue forme attuali l’edificio è il risultato di rimaneggiamenti successivi. Il primo ampliamento si realizzò nel 1356, poi fu ulteriormente rinnovata tra Quattrocento e Cinquecento sotto la direzione di Elia di Bartolomeo.

La facciata, rimasta incompiuta, risale agli anni tra il 1632-46 e venne realizzata su disegno di Francesco Lazzari. Delle sue fasi antiche, la Cattedrale conserva ancora il campanile cilindrico, di stampo ravennate, che risale all’epoca romanica, ed il portale sinistro, decorato con colonne tortili, che è databile alla fase gotica.

L’imponente scalinata di accesso è più recente, datata al Settecento.

La struttura è a croce latina, ad un’unica navata con cappelle laterali che conservano alcune opere d’arte degne di nota: nella cappella di S. Paolo si trovano “La caduta del Santo sulla via di Damasco” (realizzata da Niccolò Circignani, detto Pomarancio alla fine del XVI) e la “Trasfigurazione” di Rosso Fiorentino (1530).

Il presbiterio è impreziosito dal bellissimo coro ligneo intarsiato e intagliato alla metà del Cinquecento. La visita della Cattedrale di Città di Castello non potrà che concludersi con la Cripta sottostante, chiamata anche Duomo Inferiore. Accessibile attraverso una scalinata laterale, ospita un antico sarcofago in pietra che custodisce ancora le reliquie dei santi titolari.

Adiacente alla piazza di San Giovanni in Campo, sorge l’imponente mole della Chiesa di San Domenico e il chiostro, la più grande di Città di Castello.

Tra il 1399 e il 1424, i Domenicani costruirono l’edificio nel luogo dove sorgeva una piccola chiesa antecedente. L’impianto è ad un’unica navata e presenta sul lato destro la quadrangolare torre campanaria. La facciata esterna è invece rimasta incompiuta.

Il presbiterio è impreziosito da un pregevole coro ligneo intarsiato e intagliato nel 1435 dal maestro fiorentino Manno di Benincasa, detto Manno dei Cori.

All’interno erano custodite due importantissime opere d’arte: “Il Crocifisso” di Raffaello (1503), commissionato dalla famiglia Gavari e oggi custodito alla National Gallery di Londra ed il “Martirio di San Sebastiano” di Luca Signorelli (1498), commissionato dalla famiglia Brozzi e trasferito alla Pinacoteca Comunale di Palazzo Vitelli alla Cannoniera.

Nonostante questa importante perdita, la Basilica conserva ancora importanti affreschi del XV secolo e nell’altare maggiore è custodita l’urna con le ceneri della Beata Margherita (1298-1320), terziaria Domenicana, detta la Cieca della Metola, dal luogo d’origine. A lei e al racconto dei miracoli della sua vita, sono dedicati gli affreschi decorativi del chiostro attiguo alla chiesa.

Concluso tra il 1662 e il 1667 e recentemente acquisito dal Comune della città, il chiostro della chiesa di San Domenico a Città di Castello, a doppio ordine di arcate sovrapposte, dà lustro e illuminazione all’imponente complesso dell’ex convento domenicano.

La Chiesa di San Francesco a Città di Castello, consacrata nel 1291, è oggi frutto di numerose modifiche successive. Si conserva ancora l’impianto originario gotico, a croce latina ad una sola navata, coronata da un’abside a tre capelle poligone. La decorazione interna invece è stata completamente modificata in forme barocche tra il 1707, 1718 e il 1727. Anche l’ampio portale d’ingresso è un apporto del 1731, quando l’originale gotico venne dismesso per costruire un altare interno alla chiesa.

L’edificio sorge in via Albizzini (a poca distanza dall’omonimo Palazzo Albizzini e dal Palazzo Vitelli a Sant’Egidio) ed ospita al proprio interno, in fondo a sinistra, la bellissima Cappella Vitelli, costruita su disegno del Vasari nel 1563. Dello stesso anno e dello stesso autore, è la grande tavola raffigurante “L’incoronazione della Vergine” che venne commissionata da Gentilina Della Staffa Vitelli, madre di Paolo e Chiappino, sepolti nella cappella insieme a Nicolò Vitelli (il “Padre della Patria”).

Il capolavoro del Vasari è protetto da un maestoso cancello in ferro battuto, realizzato nel 1567 dal maestro tifernate Pietro Ercolani.

Sull’altare dedicato a San Giuseppe, si trova “Lo sposalizio della Vergine” (1504), copia della celebre opera di Raffaello, il cui originale fu conservato a città di Castello fino al suo trasferimento alla Pinacoteca di Brera di Milano nel 1805.

Un’altra importantissima opera che si trovava nella chiesa di San Francesco a Città di Castello, era “L’adorazione dei pastori“, dipinta da Luca Signorelli nel 1496 e oggi esposta alla National Gallery di Londra.

All’estremo sud di Città di Castello, addossata alle mura dell’antica cinta, sorge la chiesa di Santa Maria Maggiore. Sulle spoglie di un precedente edificio del XIII secolo intitolato a S. Maria della Neve, Niccolò Vitelli fece costruire l’attuale struttura.

Dopo aver riconquistato Città di Castello, Niccolò, il “Padre della Patria”, decise di far riedificare la Chiesa di Santa Maria Maggiore utilizzando materiale della vicina rocca demolita nel 1474. I lavori, che portarono alle forme attuali, si protrassero dal 1483 al 1509 mentre rimaneggiamenti e ristrutturazioni furono eseguiti tra il 1935-1939 per volere del parroco Mons. Giuseppe Malvestiti.

La facciata si presenta austera, con un semplice rivestimento in mattoni e cornici terminali, ed anche la pomposa decorazione barocca interna è stata in parte eliminata per ripristinare la semplicità originaria.

L’edificio presenta una pianta rettangolare, articolata in tre navate. Quella centrale ha una copertura a volte a crociera, sostenute da pilastri e sottolineate da costoloni in pietra decorati all’incrocio con stemmi della famiglia Vitelli. La navata è coronata da un’abside poligonale fiancheggiata da due cappelle rettangolari, decorate con affreschi quattrocenteschi ed opere di artisti moderni. Tra le più importanti sono da ricordare: “Battesimo di Cristo” (1939) di Alessandro Bruschetti, accanto ad esso la figura di Sant’Emidio, protettore dei terremoti (1953), realizzata da Nemo Sarteanesi, e ancora gli affreschi di Alvaro Sarteanesi con “Madonna di Loreto” (1950) e “San Carlo Borromeo e gli appestati del 1943″ di Aldo Riguccini.

Dietro l’altare maggiore, infine, si trovano riadattati gli stalli del coro, realizzati nella seconda metà del XVI secolo su commissione di Beatrice Vitelli, la quale entrò come educanda nel convento agostiniano nel 1536 e vi rimase poi come suora.

Inaugurato nel 1991, il Museo del Duomo di Città di Castello è stato ampliato e ristrutturato nel 2000. Attualmente si compone di dodici sale distribuite su due piani, in locali attigui alla cattedrale cittadina, in piazza Gabriotti.

La Sala I conserva uno dei più importanti rinvenimenti degli ultimi secoli: il tesoro di Canoscio. Si tratta di una collezione di ben 25 oggetti usati per la liturgia eucaristica, rinvenuti casualmente nel 1935, presso il santuario di Canoscio nei dintorni di Città di Castello, durante l’aratura. La collezione, oltre che per il gran numero di oggetti (calici, pissidi, colatoi, patene, piatti e cucchiai) è importantissima in quanto costituisce un singolare esempio di archeologia sacra databile al V-VI secolo.

La Sala II conserva due capolavori di oreficeria: il Palliotto, in argento sbalzato, che sarebbe stato donato alla città nel 1142 dal papa Celestino II, di famiglia tifernate, per abellire l’altare della Cattedrale ed il Riccio di Pastorale, attribuito all’orafo senese Goro di Gregorio, databile al XIV secolo e realizzato anch’esso in argento sbalzato con figure di santi smaltate e traslucido.

La Sala III ospita una decina di vetrine espositive contenenti oggetti liturgici che raccontano la storia evolutiva della liturgia cristiana dall’VIII al XIX secolo.

Infine nel bellissimo Salone Gotico del museo del Duomo di Città di Castello, è stata allestita una pinacoteca che raccoglie, insieme ad artisti locali come Giovanni Battista e Francesco da Tiferno, due capolavori di pittura italiana: Cristo in Gloria, olio su tavola, realizzato da Rosso Fiorentino tra il 1528-30 e Madonna col Bambino e San Giovannino, tempera su tavola, realizzata dal Pinturicchio alla fine del Quattrocento.

Il secondo piano conserva documenti d’archivio di singolare importanza: una Pergamena dell’imperatore Federico Barbarossa e un Codice Pergamenaceo dell’XI secolo, contenente la Regola di S. Agostino. Chiude l’esposizione la Targa funeraria di Alessandro Vitelli, in piombo, del 1554.

È importante segnalare che, grazie al progetto ECCLESIA CARD, l’acquisto del biglietto per una delle strutture museali, dà diritto di accedere a prezzo ridotto a tutti i musei diocesani dell’Umbria.

Il Museo degli Ex Seccatoi del Tabacco si trova a Città di Castello, nella sua immediata periferia, e costituisce un mirabile recupero di archeologia industriale.

La coltivazione del tabacco sembra essersi diffusa in Umbria a partire dal Cinquecento. In seguito, la piccola Repubblica di Cospaia, zona franca fra il Granducato di Toscana e lo Stato Pontificio, divenne un fiorente centro di contrabbando fino agli anni Settanta del Novecento. Nel secondo dopo guerra, la coltivazione del tabacco tropicale prodotto in zona risultò non più redditizia e venne lentamente abbandonata con conseguente dismessa delle grandi strutture della Fattoria Autonoma Tabacchi di Città di Castello, destinate all’essiccamento delle foglie.

A partire dal 1978, l’artista tifernate, Alberto Burri ottenne l’uso dei capannoni come laboratorio per la realizzazione di opere di grande formato. Burri, nato a Città di Castello nel 1915, era medico di professione e cominciò a dedicarsi all’arte durante la seconda guerra mondiale. La sua opera si colloca nel filone dell’arte informale, caratterizzata dall’uso di materiali innovativi e soluzioni colossali (molto famoso “il Gretto” di Gibellina Vecchia in Sicilia, che è un’enorme distesa di cemento bianco a coprire le rovine del terremoto del 1968).

A più riprese, nel corso della sua vita (morì a Nizza nel 1995), l’autore tifernate fece dono delle proprie opere alla città natale collaborando con la Fondazione Palazzo Albizzini, la quale acquisì l’intero complesso nel 1989, dando vita ad un articolato progetto di recupero e ristrutturazione. I grandi padiglioni, completamente dipinti di nero per volontà dell’artista, ospitano ben 128 opere di grandi dimensioni, alcune collocate persino sul prato esterno all’edificio, suddivise ed organizzate nello spazio espositivo, secondo cicli pensati da Burri stesso: Viaggio (1979), Orsanmichele (1980), Sestante (1982), Rosso e Nero (1983-84), T Cellotex (1975-84), Annotarsi (1985-87), Non ama il Nero (1988), Grandi Neri (1988- 90), Metamorfotex (1991), e Il Nero e l’Oro (1992-93).

L’esposizione presso il museo degli Ex seccatoi del Tabacco venne inaugurata nel 1990 e in uno spazio di circa 7.500 metri quadrati, ospita la produzione dell’artista compresa tra gli anni 1970 e 1993.

Le restanti opere, circa 130 pezzi realizzati dal Burri tra il 1948 edil 1989, si trovano in un’altra sede espositiva, presso il Palazzo Albizzini, situato nell’omonima via, a poca distanza dal Palazzo Vitelli a Sant’Egidio.

Vicino alla Cattedrale di Città di Castello, si trova uno dei Palazzi più belli e importanti dell’Umbria, Il palazzo dei Priori con la Torre Civica. Realizzato tra il 1322 ed il 1338 dall’architetto Angelo da Orvieto, come testimonia un’iscrizione ormai consunta e poco leggibile sull’architrave d’ingresso. In quegli stessi anni l’architetto era impegnato nella realizzazione di altri due edifici importanti: il Palazzo dei Consoli a Gubbio e quello del Podestà sempre a Città di Castello.

Il palazzo dei Priori è oggi sede del Municipio cittadino e la scalinata cinquecentesca porta alla Sala del Consiglio comunale dove sono conservati frammenti di affreschi ed antiche epigrafi romane.

Sulla lunetta della porta maggiore è scolpito lo stemma del Comune e la preziosa facciata in bugnato rustico richiama l’elegante Palazzo Vecchio di Firenze. Purtroppo l’opera non venne mai portata a termine e si presenta ancor oggi incompiuta, priva della torre campanaria che è tuttavia sostituita dalla Torre Civica poco distante.

Chiamata anche Torre del Vescovo per la posizione che occupa a ridosso della dimora vescovile, la Torre di Città di Castello risale al XIV secolo ed è il vero emblema della città. Sulla facciata sono visibili numerosi stemmi e ancora si riconoscono le tracce del piccolo tetto che proteggeva l’affresco di Luca Signorelli raffigurante “Madonna col bambino tra i Santi Paolo e Girolamo“. Realizzato nel 1474, l’affresco subì numerosi danni a causa degli agenti atmosferici e dei terremoti tanto che venne rimosso definitivamente nel 1940 e conservato (solo in parte) nella Pinacoteca Comunale. Nel 1937 la Torre venne persino dotata del primo orologio pubblico ed è ancora oggi il luogo privilegiato per godere del panorama mozzafiato della città e dell’area circostante. Dalla sommità è possibile ammirare l’intero centro storico cittadino, la collina del Montesca e tutta la valle del Tevere.

Leggermente spostato rispetto alla piazza principale dove si trovano gli altri edifici pubblici di Città di Castello, il Palazzo del podestà sorge in piazza Matteotti e fu realizzato da Angelo da Orvieto, qualche anno dopo la realizzazione del Palazzo dei Priori. L’edificio venne commissionato dalla famiglia dei Tarlati di Pietramala che tennero la signoria di Città di Castello tra il 1324 ed il 1335, ma venne concluso definitivamente nel 1368, quando secondo quanto si legge negli Annali, il Comune affittò cinque delle nove botteghe sottostanti.

Sopra i portali di alcune di queste, si conservano ancora le lunette decorate con i fregi e stemmi dei Podestà che governarono la città. L’architetto adottò stili differenti nelle soluzioni decorative dell’edificio: in corrispondenza di ogni porta si apre una piccola finestra a tutto sesto, a sua volta sormontata da eleganti bifore.

La facciata settentrionale del Palazzo del Podestà di Città di Castello venne realizzata in blocchi di pietra arenaria e conserva ancora le forme trecentesche, mentre il loggiato che si affaccia su piazza Fanti venne completamente rifatto da Nicola Barbioni nel XVII secolo.

L’opera di mecenatismo, ma anche di controllo e dominio su Città di Castello, dei Vitelli tra XV e XVI secolo, ben si evince dalla quantità di palazzi che portano il nome di questa famiglia e che impreziosiscono le strade della città quasi a voler sancire e ricordare la propria presenza ed il proprio ruolo. Quando si parla di Palazzo Vitelli in Città di Castello, è dunque sempre opportuno specificare a quale dei numerosi edifici che portano questo nome ci si stia riferendo. A poca distanza l’uno dall’altro, ognuno con le sue caratteristiche peculiari, si trovano:

PALAZZO VITELLI IN PIAZZA

È così definito perché sorge sulla piazza Matteotti, cuore della vita sociale cittadina. L’edificio, di grandi dimensioni, venne probabilmente iniziato nel 1487 da Camillo, Paolo e Vitellozzo Vitelli ma concluso definitivamente solo qualche decennio più tardi da Alessandro, nel 1546. Il cornicione costituisce un’aggiunta successiva, realizzata intorno al XVIII secolo, quando il palazzo era già divenuto proprietà della famiglia Bufalini.

Lo stile architettonico, molto sobrio rispetto agli altri Palazzi Vitelli di Città di Castello, richiama le forme toscane. Rimasto incompiuto, l’edificio dalle forme severe, doveva forse svolgere una funzione specifica: quella di magazzino e scuderia. Il cortile interno è infatti delimitato da un altro edificio noto come Palazzo Vitelli dell’Abbondanza, in realtà esso non sarebbe che il nucleo originario dell’intero complesso, adibito a magazzino del Grano, da cui il nome dell’abbondanza. Al di sopra dei sotterranei si sviluppava la scuderia, voltata a botte e sostenuta da massicci pilastri, infine il piano superiore era costituito da un ampio salone, le cui pareti presentavano una fascia affrescata nella parte superiore, oggi di difficile lettura perché molto rovinata.

 

PALAZZO VITELLI A SAN GIACOMO

Situato in Via dei Vitelli, il palazzo attualmente in fase di restauro, sarà destinato ad ospitare la Biblioteca comunale intitolata a Giosuè Carducci. La facciata maestosa presenta delle belle finestre in pietra arenaria, mentre l’interno conserva ancora i colonnati del cortile, la loggia del primo piano, i cassettoni del soffitto e gli affreschi parietali. L’edificio venne fatto costruire nel Cinquecento per Paola Rossi di San Secondo Parmense, moglie di Vitello Vitelli, la quale rimasta vedova, si risposò nel 1528 con Alessandro, cugino del defunto marito.

 

PALAZZO VITELLI A PORTA SANT’EGIDIO

Il più grande dei quattro edifici, questo Palazzo venne fatto costruire a partire dal 1540, da Paolo II Vitelli (condottiero al servizio dei Farnese e dell’imperatore Carlo V), forse su progetto del Vasari nell’attuale, piazza Garibaldi.

La struttura moderna, pur conservando l’impianto originario, ha subito varie modifiche a causa dei terremoti che ne hanno danneggiato diverse parti. La facciata presenta un alto porticato a cinque fornici, sorretti da pilastri che un tempo erano colonne, e si articola su tre piani con richiami allo stile toscano. All’interno una scala monumentale conduce all’ampio salone del piano nobile, ridotto nelle dimensioni a causa del terremoto del 1686. La decorazione ad affreschi della Sala, sapientemente realizzata da artisti del calibro del Fontana, del Doceno e dei loro coadiuvanti, rappresentano le imprese della famiglia Vitelli.

Il palazzo si affaccia su un immenso giardino all’italiana con un boschetto di lecci ed un ninfeo. E’ delimitato a nord-est dalle antiche mura cittadine ed impreziosito dalla presenza della “Palazzina“, un’elegante loggiato recentemente restaurato, costruito intorno ad una torretta medievale, la cui decorazione realizzata ad affreschi dal Fontana richiama paesaggi, festoni di frutta e fiori e scene mitologiche.

 

PALAZZO VITELLI ALLA CANNONIERA

L’imponente edificio deve la sua denominazione alla fonderia (o deposito) di cannoni che si trovava nel luogo dove venne costruito. Fu fatto erigere da Alessandro Vitelli in stile toscano, fra il 1521 ed il 1545, in occasione delle nozze con Paola Rossi di San Secondo Parmense, rimasta vedova nel 1528 dopo la morte di Vitello Vitelli, come recita un’iscrizione all’interno della dimora. La bellissima facciata in graffiti venne realizzata dal Doceno su progetto del Vasari e si accompagna alla decorazione interna, ad affreschi, realizzata ancora dal Doceno in diverse stanze (famoso soprattutto lo Studiolo).

L’intero complesso è articolato in ben cinque corpi di fabbrica che si affacciano su un immenso giardino. Dal 1912, grazie all’opera dell’antiquario e restauratore tifernate Elia Volpi, l’imponente edificio ospita la Pinacoteca Comunale che raccoglie, tra gli altri, opere di Luca Signorelli (Martirio di S. Sebastiano), l’unica opera di Raffaello in città (Gonfalone della SS. Trinità) ed un pregevole manufatto in terracotta della bottega del Ghirlandaio e dei Della Robbia (Madonna col Bambino e sei Angeli).

Scopri cosa fare a Città di Castello: musei, parchi e terme, il tutto all’insegna della storia, della natura e del benessere.

La passeggiata nel centro storico di Città di Castello avrà sicuramente occupato gran parte del vostro tempo. Tra un Palazzo e l’altro non rinunciate a visitare i numerosi Musei cittadini che raccontano storie di vita antiche sapientemente integrate con lo spirito della società moderna. È da questo singolare connubio e dalla lungimiranza del Comune, che nascono esposizioni senza confronti. Tra queste vi è la Collezione Burri. Un’esposizione divisa tra il Palazzo Albizzini in centro e gli impianti degli ex Seccatoi di Tabacco alla periferia meridionale della città.

Durante la passeggiata, non vanno tralasciati i due Musei-Laboratori, che fanno di Città di Castello una meta unica nel suo genere.  La collezione “Tessile Umbra”, è insieme Museo e Laboratorio attivo, fu istituito nel 1908 dai baroni Alice e Leopoldo Franchetti.  I telai a mano del Museo-laboratorio fungono da capolavori di artigianato locale. Altra meta essenziale è il Museo delle Arti Grafiche, dove è possibile ammirare la Tipografia Grifani Donati, istituita nel 1799 da Bartolomeo Carlucci e Francesco Donati. All’interno dei locali dell’ex chiesa di S. Paolo, mani di artigiani sapienti conservano ancora la tradizione dell’arte tipografica, presente in città fin dal XVI secolo, ed alimentano l’economia locale con una delle maggiori attività produttive del territorio tifernate.

Le cose da fare non mancano di certo in uno dei centri principali della Val Tiberina, Città di Castello. Se preferite l’aria fresca, avrete l’imbarazzo della scelta visitando il Parco dell’Ansa del Tevere, a ridosso delle mura cittadine in viale Nazario Sauro, oppure il Parco dei Cigni, sul versante del Tevere a sud della città, dove potrete ammirare tantissime specie di uccelli acquatici in libertà. Tra i due parchi, presso il Ponte del Tevere in via Aretina, si trova la sede del Canoa Club di Città di Castello, le cui guide professioniste potranno accompagnarvi in un suggestivo percorso in canoa sul fiume più importante d’Italia.

Se ancora non bastasse, potrete spingervi in passeggiata o facendo jogging fino alle Terme di Montecchio, a tre chilometri dal centro urbano, in cui le acque sulfuree ed i fanghi naturali sono il motore di un Centro che ha ottenuto il titolo di Prima Categoria Super, non solo per la qualità dei trattamenti benessere ma anche e soprattutto per l’importanza dei centri diagnostici e terapeutici attivi tutto l’anno. Infine a diversi chilometri dalla città, oltre la E45, raggiungibile solo in auto, potrete visitare l’elegante Parco con villa di Montesca. A voi la scelta.

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LA STORIA DI CITTÀ DI CASTELLO DALLE ORIGINI AL MEDIOEVO

L’origine del centro abitato non è del tutto chiara ma pare che le prime abitazioni in palafitte sorgessero presso l’antico lago Tiberino, oggi scomparso. I ritrovamenti archeologici testimoniano la presenza di un villaggio di stirpe umbro-sabellica e sannitica fin dal I millennio a.C., il cui nome era Tifernum e che fu per secoli tanto forte da respingere l’avanzata etrusca nei propri territori. Città di Castello rappresenta ancora oggi la città più importante dell’alta val Tiberina, un territorio che, in età antica, fu costantemente oggetto di contesa tra le popolazioni confinanti di umbri ed etruschi. Nel VII secolo a.C. Tifernum era un ricco borgo autonomo ed indipendente che intratteneva rapporti commerciali con gli etruschi e tutte le popolazioni circostanti senza venire da queste soggiogato.

Fu solo nel III secolo a.C., a partire dal 283 circa, che la cittadina perdette la propria autonomia divenendo parte dei possedimenti romani, in seguito alla Battaglia di Sentino. La città cambiò il proprio nome in Tifernum Tiberinum. Sotto la nuova giurisdizione, la città conobbe un periodo di crescita e prosperità. Soprattutto dal punto di vista architettonico, raggiunse l’apice nel I secolo a. C. quando l’insigne Plinio il Giovane, che a Tifernum possedeva una villa privata, fece costruire a proprie spese numerosi edifici pubblici.

Sotto il governo di Diocleziano, nel III secolo d.C., Tifernum entrò a far parte della provincia “Tuscia et Umbria” sotto il pieno controllo della giurisdizione romana. Fu questo il periodo in cui la città conobbe la diffusione del Cristianesimo. Personaggio chiave della predicazione cristiana in città fu San Crescentino o Crescenziano, che secondo la tradizione, fu martirizzato da Diocleziano stesso, presso Pieve dè Saddi, a sud-est della città moderna.

Il primo vescovo della città fu invece Eubodio, che resse le sorti della comunità nel V secolo, prima che venisse completamente rasa al suolo dai Goti di Totila. Sulle ceneri della vecchia Tifernum, venne ricostruita e fortificata, grazie all’impegno del vescovo Florido patrono della città, una nuova comunità che prese il nome di Castrum Felicitatis. Divenuto poi Castellum Felicitatis tra VIII e X secolo, fino a Civitas Castelli, che è il diretto antenato dell’attuale nome: Città di Castello.

 L’ETA’ COMUNALE E LA DINASTIA DEI VITELLI

A partire dall’XI secolo, Città di Castello acquisì autonomia politica divenendo un Comune strategico della regione. Conteso da Perugia e dallo Stato pontificio, ora filo-guelfa ora filo-ghibellina subì alternativamente la sovranità dei due poteri con brevi intervalli di libertà. Nel 1326, dopo un breve governo dei guelfucci, i fratelli Tarlati (Guido, vescovo di Arezzo e Pietro, detto Saccone) conquistarono la città, detenendone il controllo fino alla rivolta popolare del 1335. Rivolta che li cacciò grazie al sostegno di Perugia. Pochi anni dopo, nel 1350, fu la stessa Perugia a rivendicare il possesso di Città di Castello, con scarso successo, perché solo un anno più tardi i tifernati insorsero riconquistando la libertà.

Nel 1422 fu la volta di Braccio, grande condottiero della famiglia dei Fortebracci da Montone, che dopo un’aspra lotta e con l’appoggio politico della Chiesa, riuscì ad impadronirsi di Città di Castello e mantenerne il governo fino al 1428. Da questo momento per circa un secolo, la città tifernate rimase sotto il controllo dello Stato pontificio. Non mancarono lotte intestine tra le famiglie nobili locali, in particolare i Giustini ed i Vitelli. Questi ultimi ebbero la meglio e riuscirono a dare vita ad una Signoria urbana che durò per tutto il XVI secolo. Nel 1474 la città subì il famosissimo assedio degli ottanta giorni da parte delle truppe del papa Sisto IV. In tale occasione, Niccolò Vitelli venne sconfitto e costretto ad abbandonare la città, relegato in esilio a Urbino per ordine del pontefice per ben otto anni. Nel 1482, il vecchio signore con l’appoggio di una sommossa popolare ed il sostegno dei Medici, liberò la città conquistandosi a buon diritto il titolo di “Padre della patria”.

Al di là dell’impegno politico, alla dinastia dei Vitelli si deve l’arricchimento culturale della Città di Castello. Il Comune umbro, grazie al mecenatismo dei suoi sovrani, divenne una piccola isola toscana nelle forme artistiche ed architettoniche. Per tutto il Cinquecento artisti del calibro del Ghirlandaio, Luca Signorelli, il Vasari, Raffaello, Gentile da Fabriano e Rosso Fiorentino operarono in città su commissione dei Vitelli creando un ambiente colto ed illuminato nel cui sfondo prese avvio anche l’arte della stampa, che viene fatta risalire al 1538 con Magister Mazzocchi.

L’ETA’ MODERNA

Dalla fine XVI secolo, per la storia, Città di Castello, pur conservando l’attività mecenatica dei Vitelli, perse gradatamente la propria autonomia e cadde definitivamente sotto il dominio dello Stato della Chiesa fino all’invasione francese del 1798. Le truppe napoleoniche occuparono la città per un anno prima di essere respinte dallo Stato della Chiesa. Tornarono nel 1809 e questa volta ebbero la meglio sugli avversari, riuscendo a conquistare Città di Castello fino alla caduta dell’impero francese nel 1814. In tale occasione la città perse uno dei suoi gioielli artistici: “Lo sposalizio della Vergine” di Raffaello venne trafugato dalle truppe francesi e mai più restituito alla città. Solo dopo lunghi anni di trattative si ottenne la restituzione in Italia del quadro che è oggi conservato nella Galleria di Brera.

Con l’avvio dei primi movimenti rinascimentali, Città di Castello prese parte attiva all’azione, dotandosi di un Comitato Provvisorio nel 1831 e aderendo alla Repubblica Romana nel 1849, fino all’annessione al nascente Regno d’Italia nel 1860.

Oggi la città costituisce il centro più importante e popolato dell’Alta Valle del Tevere. Grazie alla ricchezza della sua storia, del suo patrimonio artistico ed alla vivacità delle manifestazioni che la popolano, Città di Castello continua ad attirare un gran numero di visitatori tutti gli anni, tutto l’anno.

L’artigianato si sa, la fa da padrone in tutta l’Umbria ma all’interno di questo ricchissimo quadro regionale, alcuni centri urbani riescono a distinguersi ulteriormente per la peculiarità delle attività artigianali di cui si fanno garanti e custodi. L’artigianato di Città di Castello è uno di essi perché ha saputo strappare al tempo ed alla modernità, la tradizione nelle sue forme originali. È quello che succede all’interno dei Laboratori di “Tela Umbra” e della Tipografia Grifani Donati. Nel primo, negli stessi locali di cento anni fa, dove lavoravano una quarantina di tessitrici per opera della baronessa Alice Franchetti, si realizzano ancora oggi tessuti in puro lino di grande pregio come tovagliati, tendaggi, asciugamani e coperte. Nel secondo, è possibile riscoprire le antiche tecniche artigianali dell’arte tipografica.

Il titolare, discendente dei Donati, oltre ad impegnarsi per la valorizzazione del patrimonio tipografico cittadino, continua la tradizione di famiglia con lavori di litografia (esclusivamente su pietra), di rilegatura e di restauro di libri. Il laboratorio-museo è ancora oggi un punto di riferimento per tutti gli artisti che si occupano di incisione tradizionale e che abbiano bisogno di attrezzature adeguate alla stampa di litografie, xilografie, acqueforti, puntasecca o incisioni su linoleum. Macchinari antichi e perfettamente funzionanti, rendono le creazioni realizzate all’interno del laboratorio tifernate un unicum assoluto.

Pochi confronti troverete anche in un altro campo artigiano in cui i tifernati primeggiano e si distinguono per la raffinatezza dei prodotti: la lavorazione dei mobili in stile. Una tradizione antichissima che si è saputa trasformare a partire dagli inizi del Novecento grazie a due personaggi. Uno è l’antiquario e commerciante Elia Volpi, che donò al Comune della Città di Castello la propria collezione di mobili antichi. L’altro è Cesare Sisi, antiquario ed artigiano, che diversi anni dopo sviluppò l’idea di utilizzare vecchi mobili per creare pezzi nuovi sullo stile antico. La maestria degli artigiani tifernati sta nella inimitabile capacità di fondere armonicamente insieme legno antico e nuovo, in produzioni del tutto originali. Il marchio recentemente creato del “Vero mobile in stile Altotiberino” è insieme conferma e garanzia di quest’arte senza tempo.

Da non dimenticare, anche se ha avuto una sorte meno fortunata, la lavorazione del Tabacco, che nell’artigianato a Città di Castello ha rappresentato una delle principali attività produttive per diversi decenni, fino al completo abbandono negli anni Settanta del Novecento. Oggi dei grandi impianti artigianali dedicati all’essiccamento del Tabacco, rimangono solo i capannoni, che hanno decisamente modificato la propria funzione, trasformati in luoghi espositivi delle opere Burri.

GASTRONOMIA E PRODOTTI TIPICI DI CITTÀ DI CASTELLO

Così come per l’arte e la cultura, anche in gastronomia Città di Castello esprime la sua natura di luogo di passaggio e polo di incontro di personaggi e tradizioni. Capita così di ritrovare a tavola gli stessi elementi toscani, umbri, marchigiani e romani. Alimenti che si ascoltano nel dialetto locale o che si possono osservare nelle architetture degli edifici. Lo spirito agricolo e naturale dell’Alta Val Tiberina si ritrova nella grande varietà di crostini impreziositi dai prodotti della terra, dal carciofo al tartufo, alle mandorle.

Per gli amanti della carne, tra i prodotti tipici di Città di Castello, esistono ricette per gustare l’oca arrosto imporchettata o il fagiano all’uva bianca o al tartufo. E sicuramente non resteranno a digiuno i fan della polenta, con le numerose varianti al ragù di pecora, con funghi e salsiccia o con fegatelli. Nella vivacità dei piatti tuttavia si conserva la frugalità e semplicità dei prodotti, tutti frutto del lavoro umano e di una terra ricca della tradizione agricola. Il piatto di Città di Castello è, non per niente, la bagiana, una semplicissima minestra di fave, pomodori e basilico. La bagiana si serve generalmente con la tigella. Quest’ultima è una sorta di piccola focaccia fatta di farina sale ed acqua, che si sposa perfettamente anche con salumi e formaggi.

OLIO E VINO

Nell’Aprile del 2018, per la prima volta, Città di Castello è diventata fulcro di una nuova manifestazione organizzata da Fiera Show. In collaborazione con l’AIS (Associazione Italiana Sommelier) e patrocinata dal Ministero delle Politiche Agricole. L’evento si chiama “Only Wine Festival” ed è un vero e proprio Salone mostra-mercato dei Giovani produttori di Vino e delle piccole Cantine. I 100 migliori prodotti selezionati dall’AIS a livello nazionale, rallegrano le vie del centro storico umbro. L’evento permette a centinaia di visitatori di assaporare i gusti genuini dei vini più pregiati. Ancora una volta l’Umbria e Città di Castello diventano bandiera del buon gusto e custodi della tradizione.

A proposito di tradizione non si può dimenticare, sulle verdi colline alla periferia della città, l’oleificio Ranieri. Oleificio che, sin dal 1930, con la passione tramandata per tre generazioni a partire dal fondatore Domenico Ranieri, regala a turisti e locali il gusto autentico dell’olio extravergine d’oliva D.O.P. ” UMBRIA”.

Con la sua fiorente attività di artigianato e con le numerose manifestazioni, Città di Castello con i suoi eventi non annoia né i visitatori occasionali né i propri cittadini. Se vi trovate in Umbria tra dicembre e gennaio, non potete perdere l’occasione di partecipare alla Mostra Internazionale di arte presepiale. Una delle manifestazioni più importanti degli eventi legati al tema del presepe, per il numero di partecipanti che attira ogni anno e per la pregevolezza delle opere esposte, con artisti e materiali provenienti da tutto il mondo.

Se invece vi trovate a percorrere le strade cittadine nel periodo estivo, tra agosto e settembre, sarete protagonisti di altri importanti appuntamenti annuali: Il Festival delle Nazioni, che è diventato per Città di Castello e la Regione la manifestazione ufficiale per la promozione dell’identità civile. Artisti di tutto il mondo mettono in campo le proprie tradizioni musicali in un connubio di note e culture che vi farà emozionare.

Nello stesso periodo, l’arte tipografica urbana viene valorizzata con la manifestazione della Mostra mercato del libro antico e della stampa antica. Una rassegna che vede protagoniste circa quaranta Librerie Antiquarie impegnate nella promozione di inestimabili “tesori di carta” dagli incunaboli alle preziose legature d’epoca.

Sempre per amore della tradizione, le strade si popoleranno ancora una volta nel mese di settembre per la Mostra del Mobile in Stile ed artigianato. Mostra imperdibile tra gli eventi a Città di Castello.

Infine, per non tralasciare nulla, non rinunciate a novembre a rallegrare le vostre papille gustative con l’imperdibile festa dedicata al Tartufo Bianco.

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