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Todi

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Scopri Todi

Scopri la magnifica cittadina di Todi.

Chi non avesse mai sentito parlare di questo comune umbro di sedici mila abitanti nel cuore della Val tiberina, rimarrebbe sicuramente colpito dalla varietà di attrazioni storico-culturali e paesaggistiche che esso propone.

Sulla statale Flaminia (SS 3bis), a metà strada tra Perugia e Terni, la città di Todi si erge su un colle a circa 400 metri d’altezza. Ai suoi piedi, il fiume Tevere accoglie le acque del torrente Naia conferendo alla regione una fertilità che è stata oggetto d’interesse fin dai tempi antichi.

Per la posizione strategica e la storia travagliata, la città venne dotata di mura difensive, ben tre cinte murarie perfettamente conservate, che ne costituiscono ancor oggi la “corona architettonica” e simbolo distintivo. Attraversando le imponenti porte medievali avrete l’impressione di fare un vero e proprio tuffo nel passato, immergendovi tra le viuzze di un centro storico tortuoso e ricchissimo di vestigia antiche cristallizzatesi nel tempo, quasi immuni al passare dei secoli.

Accanto al fascino di una città che è museo a cielo aperto, Todi offre, però, anche la freschezza di paesaggi naturali mozzafiato con le Gole impervie del Parco Fluviale del Tevere e non mancherà certo di solleticare gli animi dei visitatori con i prodotti vitivinicoli tipici dell’Umbria, con la maestria dei sui artigiani del legno, con i profumi della cucina rurale tradizionale.

Scopri la città natale di Frà Jacopone, uno dei più illustri poeti rinascimentali, di cui conserva ancora le spoglie, ma anche inestimabile gioiello di architettura civile e religiosa, con chiese progettate da personaggi insigni quali Bramante, Todi costituisce un groviglio di antico e moderno sapientemente amalgamatisi nel tempo, uno spettacolo imperdibile per chi si trovasse a percorrere i territori centrali dell’Umbria.

Alla scoperta di Todi

Scopri cosa vedere a Todi.

Per la ricchezza urbanistico-architettonica e paesaggistica che caratterizza questo incantevole borgo, se deciderete di visitare Todi, sappiate che per apprezzarla come merita sarà necessaria una buona dose di pazienza, tempo e perché no, anche di allenamento fisico!

Ancor prima di accedere allo spazio urbano, a poche centinaia di metri dalle mura cittadine, vi troverete difronte ad alcuni tra gli edifici più degni di nota della città: il Tempio del Crocefisso, a sud-est di Porta Romana, reso monumentale dal Vescovo Cesi in epoca rinascimentale, la Chiesa di S. Maria della Consolazione, a sud ovest della città, gioiello architettonico del Bramante ed, infine, il Convento di Montesanto, raggiungibile attraverso un viale alberato a ovest della Porta Orvietana, costruito nel XVI secolo come fortezza per difendere gli abitanti di Todi dagli attacchi della vicina Orvieto. Ancora più distante dal circuito murario, a qualche decina di chilometri dalla città, si sviluppano gli oltre settemila ettari del Parco fluviale del Tevere, dove le Gole del Forello e di Prodo vi regaleranno scenari paesaggistici di straordinaria bellezza.

Attraversando la prima delle tre cinte murarie mirabilmente scampate allo scorrere del tempo, il avrete l’impressione di tornare indietro nei secoli, percorrendo le tortuose e ripide viuzze di un centro storico cristallizzatosi nelle forme medievali del XIII secolo: con Piazza del Popolo cuore della città e gioiello architettonico del Rinascimento umbro, con i famosissimi Palazzi civili del Popolo, del Capitano e dei Priori cornice monumentale del bellissimo Duomo, con le numerosissime Chiese di epoche differenti che costellano lo spazio urbano, da quelle più antiche di San Nicolò de Criptis, di San Filippo, di Santo Stefano e di San Giorgio fino a quelle più tarde di Santa Prassede, di Santa Maria in Camuccia e dei Santi Filippo e Giacomo dove sono conservate opere d’arte di alcuni tra i più insigni artisti della storia italiana.

Se amate le vestigia antiche, allora il Museo Comunale con la sezione della Pinacoteca ed il Museo Lapidario della città saranno sicuramente all’altezza delle vostre aspettative, così come i Nicchioni romani presso la Piazza Garibaldi o le Fontane di Scannabecco e Cesia.

E di sicuro non vi annoierete se preferirete restare un po’ più al passo coi tempi, potendo assistere agli spettacoli moderni proposti nel Teatro Comunale o visitando le mostre di arte contemporanea disseminate tra le vie cittadine.

Per poter cogliere i dettagli del ricco centro storico di Todi, ancor oggi ben difeso e delimitato dalle mura monumentali in travertino con le annesse Porte medievali: Orvietana, Perugina, Romana e Amerina (o Fratta), sarete piacevolmente costretti a muovervi nello spazio e nel tempo al ritmo di una passeggiata. Abbarbicata sul colle a presidio della bassa pianura del Tevere, la città era infatti definita, dai viaggiatori del primo novecento, la più “ascensionale” dell’Umbria per la caratteristica cuspide del campanile del Duomo (dedicato a Maria Santissima Annunziata) che ne costituiva l’apice architettonico. La tortuosità e sinuosità delle strade, gli spazi angusti e le scalinate che mettono in comunicazione i dislivelli dei rioni cittadini, rendono difficoltoso se non impossibile il transito alle automobili.

All’interno del borgo fortificato, si trova il Parco della Rocca, polmone verde della città che abbraccia il Tempio di S. Fortunato, in cui sono custodite le spoglie del famoso Frà Jacopone. A pochi metri di distanza dalla chiesa antica si erge il moderno Teatro Comunale, edificato ed inaugurato alla fine del 1800. Poco più su, risalendo la via Mazzini, ci si trova di fronte al magnifico scenario della Piazza del Popolo, centro pulsante della città, incorniciata dallo splendido Duomo sul lato settentrionale e dai Palazzi comunali sui restanti lati: Palazzo del Capitano (o Palazzo Nuovo) e Palazzo del Popolo che ospitano il Museo Pinacoteca Comunale, ed il Palazzo dei Priori sulla cui parete si staglia la famosissima aquila bronzea, simbolo della città, realizzata da Giovanni di Gigliaccio nel 1339. Al di sotto del piano di calpestio della piazza, un intricato sistema di gallerie, cisterne e pozzi di epoche diverse, comunemente definito “Todi sotterranea“, si estende per circa cinque chilometri e contribuisce a conferire un carattere unico alla città.

Infine, attraversando l’adiacente Piazza Garibaldi e scendendo lungo Corso Cavour per poi risalire sulla via Cesia, vi troverete difronte tutta una serie di altri monumenti appartenenti ad epoche e culture diverse, da quella romana pagana a quelle cattoliche medievale e rinascimentale.

Dalle Fontane della Rua (o Cesia) e dello Scannabecco (XIII secolo) alle Chiese di San Filippo (XVI secolo), di San Nicolò de Criptis (XI secolo), di Santa Maria in Cammuccia (XIII secolo, dove è conservata la famosa statua lignea della Madonna “Sedes Sapientiae“), di San Carlo ( XIII secolo) e di Santa Prassede (XIV secolo) fino alle vestigia romane ancora ben conservate dei Nicchioni (resti di un’antica basilica) e della Porta Marzia. Non avrete tempo di riposare la vista, ammirando quella immensa quantità di monumenti incastonati nel piccolo spazio del centro storico di Todi, un borgo medievale tutto da scoprire.

Sorta sui resti dell’antico foro romano di Todi, l’attuale Piazza del Popolo rappresentava, fin dal I secolo a. C., il centro politico, religioso, economico e culturale della città. In un contesto di ripide pendenze, gli architetti romani realizzarono una piattaforma rettangolare alla sommità del colle, circondata dai più importanti edifici civili e religiosi. La città moderna conserva ancora gli equilibri antichi. Sul lato settentrionale della piazza il potere religioso è rappresentato dal Duomo e dall’annesso Palazzo Vescovile, al quale si contrappongono, bilanciandosi, i tre palazzi laici del potere comunale, realizzati in tempi diversi tra il XII e XIII secolo: Palazzo del Popolo, Palazzo del Capitano e Palazzo dei Priori.

Molto probabilmente, in tempi più antichi la Piazza del Popolo di Todi doveva occupare uno spazio maggiore arrivando ad abbracciare la moderna Piazza Garibaldi, annessa alla prima, che conserva i resti di un’antica basilica romana (i Nicchioni). La complessità architettonica dell’area è dimostrata anche dalla immensa quantità di cunicoli sotterranei (le Gallerie) che corrono al di sotto del piano di calpestio della piazza stessa, a dimostrazione di una stratificazione di epoche e strutture perfettamente unitesi tra loro nel tempo.

Negli ultimi anni è stato possibile riscoprire ed analizzare in maniera più approfondita la “città invisibile”, nota anche come “Todi sotterranea“, che si sviluppa sotto il piano di calpestio della Piazza del Popolo, antico foro romano, grazie soprattutto al sapiente lavoro di indagine del Gruppo Speleologico Tuderte.

Utilizzando un esemplare metodo di “speleologia urbana”, in cui alle battute di esplorazione sotterranea si alternavano studi di archivio su documenti storici e cartografici, è stata fatta luce su un complesso di più di trenta cisterne preromane, romane e medievali e di cinquecento pozzi di varie forme ed epoche, che correvano per più di cinque chilometri rendendo il sottosuolo di Todi un patrimonio di inestimabile valore.

Grazie all’impegno dell’amministrazione comunale in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica dell’Umbria, una parte di queste strutture monumentali sono oggi visitabili sul lato ovest della piazza. Si tratta di dodici vani rettangolari realizzati in opus caementicium e coperti da volte a botte che si estendono per circa otto metri di altezza, otto di larghezza e ben trenta di lunghezza con una capacità di circa trentamila metri cubi d’acqua. Gli ambienti comunicano tra di loro attraverso passaggi ad arco e presentano una o più aperture sulle volte da cui era possibile attingere l’acqua. Sulle pareti sono ancora visibili le tracce delle casseforme lignee all’interno delle quali veniva gettato il composto di malta e pietre.

L’intero complesso venne rinvenuto casualmente in occasione dei lavori di restauro della soprastante Tabaccheria Pazzaglia-Valentini, per la sua estensione occupa il tratto iniziale di via del Monte per proseguire fino a via Valle Inferiore e fino a via Mazzini. L’orientamento è perfettamente parallelo alla struttura gemella che si trova sul lato opposto della Piazza del Popolo (est), i cui vani si estendono fin sotto le fondamenta del Palazzo dei Priori.

A differenza di quello occidentale scoperto in epoca moderna, il complesso orientale era già noto fin dal 1262, come testimonia la Cronaca dell’egregia città de Tode, scritta da Gianfabrizio Atti nel XVI secolo. Dei dodici vani complessivi, sono purtroppo agibili e visitabili soltanto nove.

Per le tecniche di costruzione edilizia impiegate e perfettamente riconoscibili, la struttura potrebbe essere databile al periodo tardo repubblicano, con ampliamenti successivi per circa un secolo. Entrambe le cisterne erano alimentate dalle acque sorgenti della sommità del colle, provenienti dalla zona della rocca e facevano verosimilmente parte di un unico progetto monumentale di sistemazione urbanistica del foro per l’approvvigionamento idrico della città.

L’impianto monumentale rientrava nel progetto edilizio del I secolo a.C., quando Todi, da municipium, ottenne il titolo di Splendidissima colonia romana.

Detto anche “del Comune“, Palazzo del Popolo costituisce non solo l’edificio più antico dell’intera piazza di Todi ma anche uno dei più antichi palazzi comunali italiani.

La prima fase di lavori, iniziata nel 1214, diede vita alla struttura porticata del piano terra secondo i principi ed il gusto dell’architettura lombarda, mentre ad un periodo successivo, dal 1228 fino ai restauri del novecento, si devono la realizzazione dei due piani superiori, dello scalone esterno che ne permetteva l’ingresso e del coronamento a merli ghibellini. Trifore e quadrifore impreziosite da colonnine decorative alleggeriscono l’aspetto massiccio della facciata.

Il lato sinistro del palazzo si affaccia su Piazza del Popolo mentre la facciata principale è visibile dall’adiacente Piazza Garibaldi.

Probabilmente adibito a sede o dimora del Podestà, il primo piano dell’edificio ospitava le assemblee dei cittadini in età comunale.

In età moderna, connesso al Palazzo del Capitano, ospita, al secondo piano, il Museo Pinacoteca della città.

Situato sul lato settentrionale di Piazza del Popolo, il Duomo rappresenta idealmente il cuore della città di Todi. Con il campanile che si erge a destra della facciata, l’edificio sormonta i tetti cittadini e costituisce, insieme ai tre palazzi civili, il contorno perfetto di una delle composizioni urbanistico-architettoniche più belle e stilisticamente coerenti d’Italia.

L’edificio moderno sorge sui resti dell’antico tempio romano, il Capitolium che separava il foro dai quartieri urbani retrostanti. Alle spalle del Duomo di Todi sono stati infatti rinvenuti i resti di un’antica villa romana con pavimentazione a mosaico e alcuni blocchi della vecchia cinta muraria. Il nome del quartiere, anch’esso significativo “Nidola” o “Nido dell’aquila” porta ancora l’eco del leggendario rapace fondatore della città che in quei territori costruì il proprio nido.

L’edificio fu costruito a partire dal XII secolo ed è stato modificato ad ampliato a più riprese fino al XVII. Della pianta originaria, opera dei Maestri Comacini, rimane oggi soltanto l’abside.

Ventinove gradini in travertino compongono la scalinata monumentale realizzata nel 1740 dal vescovo Giuseppe Pianetti. Su essa campeggia la suggestiva facciata, essenziale, con chiusura superiore orizzontale in stile lombardo.

Tre portali di ingresso corrispondono alle tre navate interne. Sul portone centrale, spicca la ricca decorazione in legno di quercia che ricorda i modi del Duomo orvietano, realizzata dai maestri Bencivenga da Mercatello (i quattro pannelli superiori) e Carlo Lorenti (i sei pannelli inferiori).

Sulla sommità della facciata, a coronamento dell’ingresso monumentale, campeggia il bellissimo rosone centrale, iniziato al tempo del vescovo Basilio Moscardi (1515) e concluso sotto il suo successore (1523).

La pianta dell’edificio è a croce latina e lo spazio al suo interno articolato in tre navate separate tra loro da dieci magnifiche colonne in stile corinzio con foglie d’acanto a sostegno del soffitto a capriate lignee.

Immediatamente alle spalle del visitatore, a tutta parete intorno al rosone centrale, spicca il bellissimo affresco del “Giudizio Universale” realizzato da Ferraú da Faenza nel 1596 su modelli michelangioleschi.

Infine, altre opere d’arte di diversa natura e degne di nota, trovano riparo all’interno dell’edificio: due dipinti attribuiti allo Spagna raffiguranti la Trinità e i Santi Pietro e Paolo, il bellissimo Crocifisso del XIII secolo sospeso sopra l’altare e una tavola di Giannicola di Paolo raffigurante la Madonna col Bambino e Santi.

Dalla navata sinistra si scende nella cripta del Duomo, dove sono custodite tre sculture in pietra, facenti parte della facciata, attribuite agli scultori Giovanni Pisano e Rubeus.

La chiesa o tempio di San Fortunato si trova a poca distanza dalla Rocca in quella che doveva essere, in tempi antichi, l’acropoli della città di Todi. L’edificio odierno testimonia le numerose fasi costruttive che lo hanno caratterizzato: da quella etrusco-romana più antica, di cui restano i leoni posti all’ingresso e due capitelli trasformati in acquasantiere, alla prima fase edilizia in stile romanico datata 1198 circa e realizzata ad opera dei monaci vallombrosani, fino al definitivo assetto gotico, con i lavori iniziati nel 1292 e terminati due secoli più tardi.

Significativa testimonianza di tale intervento, è la facciata che sorge su una scalinata monumentale che rimase incompleta a causa della morte, nel 1458, del maestro Giovanni di Santuccio da Firenzuola che lavorava al progetto con l’aiuto del nipote Bartolo d’Angelo. Le frequenti guerre con i comuni vicini, primo fra tutti Orvieto, prosciugarono in seguito le casse comunali, lasciando la chiesa priva dei fondi necessari alla conclusione dei lavori.

Il livello inferiore della facciata si articola in tre parti, corrispondenti alle tre navate interne con altrettanti portali d’ingresso il più interessante dei quali è quello centrale. La decorazione si compone di preziose colonne tortili e bassorilievi raffiguranti, da sinistra a destra, i dodici Apostoli, alcuni santi (tra cui Degna, Romana e Cassiano le cui spoglie sono conservate all’interno della Chiesa), angeli, profeti biblici, San Fortunato, le stigmate di San Francesco, l’Annunciazione ed il sacrificio di Isacco, tutte circondate da motivi floreali simbolici quali la vite, simbolo del Bene, ed il fico, simbolo del Male, ma anche il dragone ed il serpente simboli del peccato.

All’interno della chiesa lo spazio è scandito da tre navate tutte della medesima altezza, con le due laterali leggermente più strette di quella centrale, secondo il modello d’oltralpe della Hallenkirche (chiesa a sala). Le eleganti colonne costolate sostengono la copertura in volte a crociera sotto le quali si aprono, ai lati delle navate, tredici cappelle sopraelevate. La quarta cappella sul lato destro ospita il frammento dell’affresco Madonna col Bambino e angeli di Masolino da Panicale (1432), mentre, nella quinta a sinistra, si ritrovano resti di affreschi di scuola giottesca con scene della vita di San Giovanni Battista.

Al centro della chiesa, uno dei simboli di Todi, campeggia la statua di San Fortunato alla quale fa da sfondo il coro in legno di noce con meravigliosi intarsi, realizzato da Antonio Maffei da Gubbio nel 1590, che ricopre tutta l’abside centrale.

La cripta sotto l’altare, infine, ospita un unico sarcofago monumentale nel quale sono conservate le spoglie dei santi Cassiano, Callisto, Fortunato, Romana e Degna mentre nella sagrestia adiacente è sepolto, dal 1432, il famoso Jacopone da Todi.

Attraverso la sagrestia si accede poi al campanile della chiesa dal quale è possibile godere di una vista a 360 gradi sull’intera città.

Sul lato meridionale di Piazza del Popolo, di fronte al Duomo di Todi, si staglia massiccio l’imponente edificio in stile gotico del Palazzo dei Priori. Costruito alla fine del XIII secolo insieme al Palazzo del Capitano, fu modificato a più riprese: nel 1334-47 con l’allargamento del lato destro, nel 1367 con la costruzione della torre quadrangolare che fa quasi da perno alle due piazze ed infine nel 1513 quando, per ordine di Leone X, vennero aperte sulla facciata le finestre architravate di gusto rinascimentale. In alto a sinistra, affacciata sulla piazza, spicca la famosissima aquila bronzea, simbolo della città di Todi, realizzata da Giovanni di Gigliaccio nel 1339.

Il Palazzo dei Priori di Todi, che nel corso dei secoli aveva ospitato i podestà, i priori e i governatori pontifici, è oggi sede della Pretura e di uffici comunali.

In pieno centro storico di Todi, a lato del Palazzo del Popolo, si erge il Palazzo del Capitano, detto anche “Palazzo Nuovo“. A differenza del primo, più antico, esso venne realizzato alla fine del XIII secolo, intorno al 1293, insieme al Palazzo dei Priori.

Dal punto di vista strutturale l’edificio, in stile gotico, si articola su tre livelli: un loggiato al piano terra, trifore e quadrifore sostenute da colonnine ed inquadrate da archi e timpani nei due piani superiori. La particolarità architettonica che lo caratterizza, è la monumentale scalinata trasversale che si affaccia su Piazza del Popolo che consente l’ingresso ad entrambi i Palazzi.

Oggi sede degli uffici e dei musei comunali, il Palazzo del Capitano, ospita al primo piano la omonima sala “del Capitano” (dove è possibile ammirare i resti di affreschi risalenti al XIV secolo) e una sezione del Museo Etrusco-Romano in cui è conservata una copia del famosissimo Marte di Todi (l’originale si trova ai Musei Vaticani). Al secondo piano trova invece spazio il Museo Pinacoteca.

A poca distanza da Porta Orvietana, arroccato su una collinetta a ovest della cinta muraria di Todi, sorge il Convento di Montesanto, costruito nel XIII secolo come fortezza contro gli assalti dei cittadini orvietani. Nel 1325 fu occupato dalle suore Clarisse che, dopo la peste del 1348, lasciarono il posto ai Francescani.

Come testimonia il vecchio toponimo “Monte Mascarano“, dal longobardo maska cioè monte degli spiriti o delle streghe, il sito doveva essere fin dai tempi antichi un luogo sacro, forse una necropoli con templi e sacelli dedicati a varie divinità tra cui Marte e la dea Bellona. Fu proprio in questa zona che nel 1835 venne portato alla luce il famosissimo Marte di Todi. Il bronzo fu rivenduto poco tempo dopo allo Stato Pontificio e oggi si trova esposto in una sala dei Musei Vaticani.

Il piazzale del Convento di Montesanto ospita un maestoso tiglio secolare che si dice fosse stato piantato nel 1426 in occasione della visita di San Bernardino.

Di notevole interesse sono il chiostro, al centro del quale si trova un pozzo settecentesco, il salone trecentesco adibito a centro congressuale e la biblioteca ricca di codici pergamenacei, incunaboli ed edizioni rare, buona parte dei quali è confluita nella raccolta della biblioteca comunale di Todi.

Accanto al complesso monastico si trova la chiesetta omonima. Consacrata nel 1633, divenne chiesa parrocchiale nel 1977 con il nome di Maria Santissima Assunta in Montesanto e conserva ancora oggi numerose opere d’arte: varie statue in legno e alcuni dipinti dello Spagna, degli allievi del Ghirlandaio (XVI secolo) e di Cesare Permei (XVII secolo).

Il Tempio di Santa Maria della Consolazione si trova immediatamente fuori dalla cinta muraria di Todi, a sud-ovest della città, e rappresenta uno dei capolavori del rinascimento umbro. Nonostante non esista alcuna prova documentaria di un progetto realizzato dal Bramante, la struttura dell’edificio non sembra lasciare adito a dubbi e, fin dal Cinquecento, viene attribuita al celebre architetto. Assolutamente certo è, invece, l’intervento di alcuni importanti maestri quali Cola da Caprarola, Antonio da Sangallo, il Peruzzi, il Vignola e Ippolito Scalza.

L’edificio, iniziato nel 1508, fu completato soltanto un secolo più tardi nel, 1607, e realizzato allo scopo di custodire l’immagine sacra della Madonna col Bambino (Madonna della Consolazione) che ancora oggi è visibile nell’abside semicircolare della Chiesa. Secondo la leggenda, un muratore ritrovò i resti dell’affresco coperti di polvere e ragnatele e, dopo essersi pulito il sudore dal volto con lo stesso fazzoletto usato per pulire l’immagine sacra, fu miracolosamente guarito ad un occhio.

Il tempio rinascimentale presenta una particolarissima pianta centrica a croce greca, risultante dall’incontro di due bracci uguali a cui sono addossate quattro absidi, tre delle quali poligonali e una, quella settentrionale che ospita l’affresco miracoloso, semicircolare. Le absidi, sviluppate su due ordini e decorate da colonne corinzie, sono sormontate da cupole che idealmente abbracciano la terrazza (in cui si trovano le aquile scolpite da Antonio Rosignoli nel seicento) e la maestosa cupola centrale, sorretta da un timpano decorato a doppi pilastri ionici attribuito a Francesco Casella.

I tre portali d’ingresso risalgono a tre secoli diversi: il Seicento, il Settecento e l’Ottocento mentre l‘interno, ampio e luminoso, è in stile barocco attribuito al genio di Filippo da Meli.

Ben cinquantasei finestre illuminano lo spazio del tempio di Santa Maria della Consolazione in cui campeggiano la statua lignea di Papa Martino di Todi, le statue in gesso dei dodici Apostoli e l’altare in stile barocco.

Con i suoi settanta metri di altezza, la chiesa rappresenta uno dei monumenti più famosi e significativi della città tuderte.

Una piccola traversa di via Roma a Todi, via Santa Maria in Camuccia, porta all’omonima chiesa molto antica, il cui nucleo originario risale al VII-VIII secolo, poi ristrutturata nel XIII. Dal 1394 al 1810 il piccolo edificio ospitò un convento domenicano.

La facciata della chiesa di Santa Maria in Camuccia si articola su due livelli: su quello inferiore si aprono il portone centrale d’ingresso, il cui architrave è sostenuto da colonne con capitelli corinzi e due nicchie laterali decorate con un crocifisso e immagini mariane, sul livello superiore si apre una finestra bifora finemente lavorata.

All’interno lo spazio è costituito da una sola navata ai lati della quale si aprono ben dieci piccole cappelle, la più importante delle quali è la terza di sinistra dove è conservata la bellissima statua lignea, datata al XII secolo, della “Sedes Sapientiae“. Si tratta della figura della Madonna in trono con il bambino in braccio a simboleggiare Maria in cui dimora la Sapienza rappresentata dal Cristo bambino.

Il Carcere di San Cassiano è un ambiente di forma quadrangolare che si trova all’interno del Parco della Rocca di Todi, a poca distanza dalla chiesa di S. Fortunato.

In realtà si tratterebbe di un’antica cisterna di età romana dove, secondo la leggenda, sarebbe stato imprigionato il Vescovo di Todi durante le persecuzioni del II secolo d.C. In seguito, l’aula avrebbe ospitato le spoglie del patrono della città, San Fortunato e poi sarebbe stato usato come oratorio cristiano.

Oggi il Carcere di San Cassiano si presenta come un unico ambiente, accessibile da una piccola porta d’ingresso in legno ornata da un arco a tutto sesto, sorretto da due capitelli di grossolana fattura.

Le finestre laterali sono anch’esse un’aggiunta successiva.

Situato nei pressi di Todi, il Castello di Campi oggi non più visitabile perché di proprietà privata, sede dell’azienda agricola Mazzocchi Alemanni Magdalena e Maurizio.

Il complesso doveva essere la dimora signorile del feudatario appartenente alla famiglia dei Leoni, come testimoniato dallo stemma che campeggia sul portone d’ingresso. Il nome deriverebbe forse da Campoleone poi modificato in Campi di Leone.

Nel 1512, in prossimità del Castello di Campi, sull’asse Pontecuti-Casemasce, venne ritrovato il famosissimo Nicchio di Todi, un’edicola marmorea sicuramente proveniente da un antico tempio di epoca romana dismesso, oggi conservato ai Musei Vaticani.

Nel 1565 passò per la regione Cipriano Piccolpasso, provveditore della Rocca di Perugia che era stato incaricato di rilevare tutte le città, rocche e castelli presenti nella provincia.

All’interno della struttura si trova la piccola chiesetta dedicata a Santa Lucia affiancata da un campanile con arco a sesto acuto.

Solo in epoca moderna il possedimento del castello passò dai Leoni, vecchi proprietari, agli attuali Alemanni Mazzocchi.

Ubicato ai limiti orientali del territorio comunale di Todi, il Castello di Ficareto è oggi un complesso costituito da quattro case, una chiesetta dedicata a San Giovanni (in rovina fin dal Settecento) e una dimora fortificata, il castello vero e proprio, purtroppo ridotto a rudere.

In analogia con i toponimi di vari paesini limitrofi quali per esempio Castagneto, Cerqueto, Mandorleto o Olmeto, il nome deriverebbe dalla grande presenza di piante di fico.

Dalle cronache più antiche risulta che fin dal 1322 era presente un ospedale dedicato a San Francesco ed ancora nel 1381, il Castello di Ficareto compare attestato in un protocollo notarile di Ser Francesco di Nicolò.

Numerose sono le notizie relative a visite pastorali dei prelati che di volta in volta controllavano la zona, mentre nessuna traccia è rimasta di eventuali influenze da parte di famiglie nobili tuderti. È, quindi, verosimile che il podere sia rimasto per tutto il corso della sua storia sotto il controllo dello Stato Pontificio.

L’antica chiesa parrocchiale dedicata a San Giovanni e poi dismessa, è stata in epoca moderna sostituita dall’attuale chiesetta di San Rocco.

Non molto distante da Todi e situato su di un colle a 369 metri s.l.m., Loreto con il suo castello è oggi uno dei comuni più depressi della regione, difficile da raggiungere soprattutto nei mesi invernali quando le strade che lo collegano ai centri limitrofi diventano pressoché impraticabili.

Il nome deriva, forse, dalla grande quantità di boschi di alloro (laurus) presenti nella zona.

Per la sua posizione strategica il Castello di Loreto costituiva un importante avamposto di guardia, continuamente presidiato da sentinelle e fortificato da un’ampia torre che ospita oggi le scuole elementari.

All’interno del complesso campeggiava una piccola chiesa dedicata a San Lorenzo, in stile romanico e con un graziosissimo campanile a vela, di cui si ha notizia fin dal 1171 con la presenza di un priore e di ben tre canonici. Gli ultimi restauri in epoca moderna risalgono al 1948.

Che l’area fosse frequentata da lungo tempo è testimoniato dal ritrovamento di due bronzetti databili al III- II secolo a.C., mentre di poco successiva è la tradizione secondo la quale il vescovo Terenziano, martirizzato nel I secolo d.C., sarebbe apparso ad una donna, Santa Lorenza, allo scopo di affidarle una reliquia del suo corpo glorificato circa quarant’anni prima.

La chiesa dei santi Filippo e Giacomo di Todi costruita in stile neoclassico, presenta una facciata in pietre calcaree a facciavista, tripartita verticalmente in maniera piuttosto regolare, impreziosita da decorazioni in terracotta che incorniciano il grande timpano di coronamento, i tre portali d’ingresso e la grande finestra semicircolare recentemente arricchita da vetrate colorate.

All’interno l’ambiente è tripartito in navate separate tra loro da colonne a capitelli ionici. Quella centrale, di dimensioni maggiori, ha una volta a botte, le due laterali minori hanno copertura piana e sono impreziosite da nicchie laterali che ospitano sei altari in pietra (tre per lato).

Gli affreschi della volta, delle pareti e dei pilastri sono opera dei pittori perugini Nicola e Federico Benvenuti.

Sul presbiterio, sopraelevato da un doppio gradino e incorniciato dalle tre absidi che coronano le rispettive navate, campeggiano il monumentale altare in muratura decorato dall’immagine della Madonna dei Portenti e le due statue dei Santi Filippo e Giacomo.

Degni di nota all’interno della Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo di Todi sono il fonte battesimale, la custodia degli olii sacri e il cosiddetto Braccio Santo d’argento sul quale sono inseriti l’anello ed il bracciale, reliquie dei santi titolari dell’edificio.

L’attuale impianto della chiesa parrocchiale, situata in Piazza Vittorio Emanuele II, nel centro storico cittadino, risale alla metà XIX secolo costruita sui resti di un edificio precedente scomparso.

Poco fuori dalle mura di Todi, uscendo per Porta Romana, si trova il bellissimo edificio cinquecentesco della Chiesa del Santissimo Crocifisso. Pare che la chiesa venne edificata per volere del popolo devoto ad un’antica edicola del XIV secolo, denominata Maestà delle Forche o “di Piobicca”, ancor oggi conservata in una nicchia in fondo al presbiterio.

Le forme architettoniche più antiche vennero poi sostituite da quelle rinascimentali ancora visibili, a partire dal 1593 per volere del vescovo Angelo Cesi e grazie all’opera degli architetti Valentino Martelli e Ippolito Scalza.

La chiesa del Santissimo Crocifisso di Todi presenta pianta centrale a croce greca con i bracci che si estendono per una larghezza di circa di diciassette metri e una lunghezza di oltre ventisette.

L’interno è intonacato mentre l’esterno, realizzato in muratura di mattoni laterizi a facciavista, è scandito da paraste con capitelli tuscanici.

Alla chiesa si accede tramite un grosso portale decorato da una cornice in pietra realizzata nella prima metà del XX secolo ed è coperto da un tetto rotondo sormontato da una lanterna.

Situata in Via porta Fratta, a sud della città di Todi, la piccola chiesa di San Giorgio era nota sui documenti cittadini fin dall’XI secolo anche se l’interno, intonacato e tinteggiato, si presenta quasi del tutto alterato. L’impianto ad aula unica presenta copertura con volte a crociera a tutto sesto decorate da paraste in stile tuscanico e nicchioni, il tutto illuminato da ampie finestre laterali.

Le pareti esterne sono realizzate in conci di pietra più o meno regolari a facciavista. Interessanti sono soprattutto la facciata principale con profilo spiovente, il portone d’ingresso lunettato ed il piccolo rosone centrale con cornice in pietra.

A sinistra del portone d’ingresso della piccola chiesa di San Giorgio di Todi si intravedono i resti di un portale più antico oggi murato, mentre a destra si conservano i resti di un’iconostasi dell’XI secolo con i simboli degli evangelisti Luca e Marco. Infine ancora più a destra, protetto da una tettoia, fa bella mostra di sé l’affresco anonimo della Madonna con Bambino e San Giorgio da cui deriva l’intitolazione della chiesa stessa.

Sulla via Matteotti, antica via Ulpiana, a ridosso delle mura della terza cerchia nei pressi di Porta Romana, sorge la chiesa di San Nicolò de criptis, una delle più antiche della città datata XI secolo. L’edificio porta il nome “de Criptis” in quanto sorgeva sui cunicoli dell’anfiteatro romano ormai dismesso.

Della costruzione originaria rimane oggi soltanto parte della facciata con la piccola porta ad architrave. Sul lato sinistro dell’antica chiesa, si innesta infatti perfettamente la chiesa successiva realizzata nel XIV secolo.

La struttura interna ad un’unica navata venne modificata tra il XII e il XIV secolo con l’aggiunta di due navate laterali minori. Ognuna delle navate ospita in prossimità del presbiterio un altare in travertino.

All’esterno la facciata presenta blocchi squadrati di pietra calcarea di varia pezzatura. Al centro in basso, l’ingresso è garantito dal portone monumentale a sesto acuto decorato da colonnine tortili, mentre in alto campeggia il bellissimo rosone a raggiera proveniente dalla chiesetta più antica.

Infine, sul retro della Chiesa di San Nicolò de Criptis è collocato il campanile a torre.

Sull’omonima via in Borgo Nuovo a nord della città di Todi, sorge la chiesa di Santa Prassede con l’annesso convento, realizzata intorno al XIV secolo dai padri Agostiniani.

La particolarità dell’edificio in stile gotico è la facciata incompleta che si articola su due ordini differenti tra loro: quello inferiore in blocchi di pietra bianca e rosa a file orizzontali alternate, quello superiore spiovente in mattoni a faccia vista e in muratura mista di pietre e laterizi.

Un portone strombato posto su tre gradini ne consente l’accesso ed un’ampia finestra ne garantisce l’illuminazione interna.

L’edificio moderno doveva sorgere sui resti di una struttura risalente al XII secolo di cui non è rimasta più alcuna traccia. Anche della decorazione interna antica non è rimasto quasi più nulla, poiché fu completamente modificata nel XVIII secolo.

La sobria struttura iniziale a navata unica con cappelle laterali è stata sostituita da una ricchissima decorazione in stile barocco: la navata unica è intonacata e impreziosita da decorazioni murali e stucchi, coperta da una volta a botte articolata in quattro campate sorrette da sottarchi doppi. Il cornicione è sorretto da colonne con capitelli corinzi e ai lati della navata si aprono cinque nicchie ed una cappella. I quattro altari laterali sono realizzati in marmi policromi mentre quello centrale maggiore è in legno con decorazioni dorate.

All’interno della chiesa di Santa Prassede di Todi, infine, sono presenti alcune opere d’arte degne di nota tra cui la Deposizione, attribuita al pittore fiammingo Hendrick de Clerk (XVI-XVII secolo) e la raffigurazione dell’Estasi di Santa Rita da Cascia, attribuita al pittore Giacinto Brandi (XVII secolo).

La chiesa di Sant’Ilario (o San carlo) è uno degli edifici più antichi della città di Todi come testimoniano alcuni documenti storici in cui viene citata: nel 1112 compare in un elenco di beni che il Conte Guazza invia all’Abbazia di Farfa Sabina mentre un’iscrizione in latino ricorda che “nel 1240, nel giorno di Pentecoste la chiesa era stata consacrata da quattro vescovi”.

La facciata della chiesa di Sant’Ilario di Todi, in stile romanico umbro del X-XI secolo, è caratterizzata da cinque dentellature orizzontali, due delle quali marcano il rosone centrale, le restanti inquadrano le due file di tre archi che decorano la torre campanaria.

Il rosone è impreziosito da otto colonne poste a raggiera su una cornice in pietra che non sembra aver subito rimaneggiamenti successivi.

Il portale d’ingresso è coronato da una lunetta decorata con l’immagine di San Carlo e databile 1623, quando la chiesetta preesistente venne affidata alla Compagnia del santo.

All’interno, a sinistra dell’altare, si trova il bellissimo affresco della Madonna del Soccorso, attribuito al pittore spoletino Giovanni di Pietro detto lo Spagna.

Immediatamente fuori le mura di Todi, in prossimità di Porta Fratta (o Amerina) in via San Raffaele, si trova la piccola chiesa dedicata a Santo Stefano con il convento annesso. La struttura molto semplice, in muratura con conci più o meno regolari e di varia pezzatura, doveva risalire almeno all’XI secolo, poi rimaneggiata e modificata nel tempo. La facciata principale, stretta fra i blocchi murari del convento, presenta un profilo spiovente, un portale d’ingresso lunettato e decorato con un arco  a tutto sesto. In alto si apre un piccolo rosone circolare anch’esso incorniciato in pietra.

Sull’omonima via a sud-est della città di Todi, sorge il piccolo convento dedicato a San Filippo Benizi. La dedica attuale al santo risalirebbe ad un periodo successivo, l’impianto originario del 1400, infatti, era noto con il nome di Santa Maria delle Grazie.

Il primo nucleo dell’edificio fu realizzato, secondo la tradizione, per proteggere l’immagine miracolosa della Vergine che si trovava sulla parete di un vecchio ospedale. L’impianto moderno della chiesa è da attribuire ai frati che la ottennero in consegna intorno al 1660.

La facciata del Convento di San Filippo Benizi risulta essere la parte più profondamente modificata nel tempo, nel settecento venne addirittura dimezzata per la costruzione di un muro del convento che facesse da collegamento tra la chiesa ed il convento stesso.

Il portale d’ingresso, seppure un po’ sacrificato nello spazio, conserva la sua eleganza e maestosità con forme rinascimentali e manieristiche: sul timpano campeggia persino l’imitazione dell’affresco della Vergine delle Grazie, realizzato in pietra da Giovanni di Orvieto.

Il lato destro che corre lungo la strada è decorato da lesene in stile corinzio e sul retro, intorno all’abside, venne realizzato un corridoio di collegamento tra il coro della chiesa ed il convento adiacente.

Percorrendo la via Cesia, poco dopo la Chiesa di S. Carlo, si trova la Fontana di Scannabecco. La fontana deve il suo nome al podestà di Todi, della famiglia dei Fagnani di Bologna, che la fece costruire nel 1241. Si tratta di una struttura insolita e complessa composta da un porticato di sette colonne con capitelli di varie forme e decorazioni, a sostegno di arcate a tutto sesto realizzate in laterizi. Le vasche sono quattro, comunicanti tra loro tramite un sistema di sfiori.

Gli studi archeologici e topografici hanno consentito di individuare intorno alla città di Todi i resti di ben tre cinte di mura che in tempi diversi hanno definito lo spazio urbico, difendendone i confini: la prima cinta, comunemente detta “etrusca” e conservata in minima parte, risalirebbe al III secolo a.C. La seconda di epoca romana, sarebbe databile al I secolo a.C., periodo in cui la città ottenne il titolo di municipium. La terza ed ultima sarebbe quella medievale, databile al XIII secolo, che costituisce anche la massima estensione dello spazio urbano fino ai nostri giorni.

Della terza ed ultima cerchia delle mura di Todi, costruita intorno al 1244, fanno parte: Porta Perugina (un solido bastione medievale articolato su due livelli), Porta Romana (costruita nel XVI secolo per volere di papa Gregorio XIII, costituita da un unico arco in blocchi bianchi e rossi, la più moderna delle porte superstiti), Porta Amerina (detta anche Fratta cioè “scaricata”, costruita nel XIV secolo, anch’essa su due livelli) e Porta Orvietana (oggi ormai un rudere immerso sotto terra a causa del terreno franoso).

Ognuna di queste porte, situate sui principali assi viari tuderti, prendeva il nome dalla città verso la quale si affacciava e costituiva in epoca medievale, la replica di una precedente porta romana.

Di periodo medievale è anche Porta Libera, situata nei pressi del Parco della Rocca.

Alla seconda cerchia di mura appartengono: Porta Aurea (realizzata in pietre, ancor oggi ben conservata doveva essere l’avamposto romano della medievale Porta Fratta poco distante), Porta Catena (detta anche di S. Antonio, oggi in via Matteotti da cui si sviluppa il borgo Ulpiano) Porta di Santa Prassede (presso il Borgo Nuovo a nord della città).

Della cinta muraria più antica si conserva solo Porta Marzia che si apre sulla via Roma. Testimonianze di altri ingressi monumentali della città, oggi scomparsi, si hanno dai testi storici quali Porta della Valle, Porta Liminaria, Porta Bonella e Porta di S. Giorgio.

Riordinato e riaperto al pubblico nel 1997, il Museo Civico di Todi con la sua interessantissima pinacoteca, si trova all’ultimo piano del Palazzo del Popolo e del Palazzo del Capitano. Organizzato in sezioni, la visita si apre con il Museo della città che illustra i momenti più significativi della storia tuderte, qui si trovano la famosa lastra marmorea di X-XI secolo raffigurante S. Fortunato, S. Cassiano e il Cristo Redentore. Le successive cinque sezioni sono dedicate all’Archeologia (ceramiche attiche a figure nere e rosse, terrecotte architettoniche e bronzetti votivi), alla Numismatica ( per un totale di circa 1500 monete dall’epoca greca  e preromana fino a quelle medievale e moderna), ai Tessuti (Paramenti sacri ed altri manufatti in seta, velluto, damasco e lino realizzati tra il XV e il XVIII secolo), alla Ceramica (vasellame di uso comune tra VIII e XIII secolo), ed infine l’ultima ma non meno importante sezione del museo civico di Todi, la Pinacoteca dove sono conservate opere d’arte mirabili quali: la famosissima pala di Giovanni di Pietro detto lo Spagna, uno dei più importanti discepoli del Perugino, raffigurante l’Incoronazione della Vergine, sei tele del Ferraù da Faenza provenienti dalla Cattedrale e dalla chiesa di S. Fortunato, la Deposizione di Pietro Paolo Sensini (1608), e Madonna col bambino e Santi di Andrea Polinori.

Inaugurato ufficialmente il 26 Settembre 2009, il Museo Lapidario della città di Todi occupa alcuni degli ambienti dell’antico convento di San Giovanni Battista, meglio noto come “Monastero delle Lucrezie“. Il nome del convento deriva dalla nobile anconetana, Lucrezia della Genga, che nel 1425 lasciò in eredità alle dodici consorelle del terz’ordine francescano femminile, un edificio posto a ridosso delle mura della città.  Nell’abside della vecchia chiesa dedicata a S. Giovanni e nei due saloni adiacenti, trovano oggi spazio numerosissimi reperti archeologici lapidei, testimonianza della lunga storia cittadina dall’epoca romana a quella rinascimentale e moderna. La raccolta conservata presso il museo lapidario della città di Todi, si annovera tra le più antiche dell’Umbria dopo quella di Gubbio.

A poca distanza dalla Porta Marzia, sulla Piazza del Mercato Vecchio di Todi, si affacciano gli imponenti Nicchioni romani. Datata ad un periodo compreso tra la fine dell’età repubblicana e l’inizio di quella augustea, la struttura si compone di quattro grandiose absidi realizzate in blocchi di travertino e sormontate da un cornicione decorativo in stile dorico. I triglifi e le metope sono ornate da bassorilievi raffiguranti armi e volti umani. Il complesso doveva forse un tempo costituire un muro di terrazzamento a sostegno della soprastante parete collinare o di una strada sopraelevata, oggi scomparsa, che consentisse di accedere alla piazza posta al livello superiore.

Secondo un’antica tradizione medievale, i Nicchioni romani sarebbero invece i resti di un dismesso tempio dedicato ad Apollo.

Situato a nord della città, in via del seminario, Palazzo Landi Corradi è considerato uno dei migliori esempi di architettura privata tardo cinquecentesca. Costruito dalla nobile famiglia dei Corradi, poi imparentatesi con i Landi, l’edificio fu acquistato nel 1712 dal vescovo di Todi Filippo Antonio Gualtiero, originario di Orvieto. Dal 1711 al 1720 l’edificio fu adibito a seminario della città in sostituzione di quello più antico non più sufficiente.

Il palazzo è noto anche come Palazzo del Vignola a cui viene attribuito il sontuoso portone in travertino che ne decora la facciata. Fu rimaneggiato a più riprese, fino all’ultimo intervento di ristrutturazione che ne interessò sia gli interni che gli esterni, nel 1954, ad opera del vescovo Alfonso Maria de Santis.

Il palazzo fu anche protagonista di una pagina tragica di cronaca tuderte: il 25 Aprile del 1982 un incendio devastante provocò la morte di trentadue persone, il cui ricordo si conserva in una lapide posta sulla facciata principale.

Oggi Palazzo Landi Corradi è utilizzato soprattutto per attività espositive, la più famosa delle quali è quella di antiquariato: attesa dalla maggior parte dei collezionisti, tuderti e non, si svolge ogni anno a fine aprile.

Alla sinistra del Duomo, accessibile tramite una scala, il Palazzo Vescovile di Todi venne commissionato nel 1593 dal Vescovo Angelo Cesi, realizzato nel luogo dove sorgevano le case dei canonici e pensato come dimora degna di un principe mecenate rinascimentale.

L’edificio era articolato in quattro livelli: al piano inferiore, all’altezza del giardino chiamato “orto del vescovo” e oggi dismesso, si trovavano cucine, stalle, cantine e magazzini. Dall’ingresso centrale, attribuito al Vignola, si accedeva al primo piano che ospitava la curia, la cancelleria e l’archivio. Da questo livello una scala monumentale conduceva al piano nobile che ospitava la Sala del trono, concepita come luogo di rappresentanza e apoteosi dell’autorità vescovile, in cui si tenevano le udienze. La sala, affrescata da Ferraù de Faenza, riportava il cartiglio e il ritratto di tutti i pastori che guidarono la chiesa tudertina da San Terenziano ad Angelo Cesi. Nello stesso piano nobile erano presenti ancora la cappella privata e la Galleria, affrescata dal pittore Andrea Polinori con episodi della storia di Todi. Da questa si accedeva ai saloni privati del vescovo oggi adibiti a sede della biblioteca diocesana. Infine, il quarto ed ultimo piano del Palazzo Vescovile di Todi era destinato esclusivamente alla servitù.

Vero e proprio polmone verde di Todi, il Parco della Rocca, a 411 metri s.l.m., costituisce uno dei punti più alti della città. La fortificazione venne costruita nel 1373 su commissione del papa Gregorio XI allo scopo di controllare la città tuderte, da poco riconquistata dalla Chiesa. Nel 1385 la Rocca venne distrutta dagli stessi cittadini e poi ripristinata dieci anni più tardi.

Nel 1495 la fortificazione subì l’assedio di Sisto IV che in tale occasione saggiò le capacità militari del nipote Giuliano della Rovere, il futuro papa Giulio II. Il forte fu completamente smantellato nel 1503 quando, con le pietre che ne componevano la struttura, vennero edificati i complessi di San Fortunato e della Consolazione.

Dell’intera struttura medievale si conserva oggi soltanto il Mastio (un torrione circolare) e alcuni contrafforti, posizionati su uno dei punti più alti del Parco della Rocca di Todi: dotata di giochi per i bambini, l’area si presta alle più svariate attività all’aria aperta, è l’ideale per pic-nic e passeggiate nel verde. Costeggiando le mura del convento di San Fortunato si arriva ad un belvedere a destra del quale inizia via Melsungen, meglio nota ai tudertini come “la passeggiata“, da cui è possibile godere di una meravigliosa vista su tutta la vallata sottostante.

Con i suoi 7.295 ettari di estensione, il Parco fluviale del Tevere abbraccia circa cinquanta chilometri del fiume più importante d’Italia. Ne segue il corso dal ponte di Montemolino fino al lago di Alviano, passando per il lago artificiale di Corbara.

Nel tratto settentrionale, presso Montemolino, il Tevere è definito “furioso” per l’impetuosità delle acque mentre, nel tratto immediatamente successivo, all’altezza di Pontecuti, è detto “Tever morto” per la scarsa velocità delle correnti. L’area sicuramente più interessante e degna di nota è però quella degli otto chilometri in cui il corso d’acqua attraversa la dorsale Monte Peglia-Monti Amerini tra Todi ed Orvieto, dando vita al biotipo delle Gole di Forello, zona assai impervia e poco antropizzata, considerata dai naturalisti il vero cuore del parco. In quest’area e nelle vicine Gole di Prodo, di fronte alle case di Civitella del Lago, anch’essa zona impervia esplorabile soltanto da escursionisti esperti ed attrezzati, trovano riparo, tra le fronde di lecci, carpini, ginestre ed erica, uccelli rapaci quali nibbi, sparvieri e poiane.

Flora e fauna differenti popolano invece le zone umide dei due laghi artificiali di Corbara (creato con lo sbarramento del Tevere nel 1963) e di Alviano, la cui ricchezza ha permesso la creazione dell’omonima Oasi (di Alviano) oggi gestita e protetta dal WWF. I circa cinquecento ettari di zona umida sono diventati l’habitat ideale di numerose specie migratorie e acquatiche tra cui il germano reale, l’airone cinerino, la gru e persino il martin pescatore.

Oltre alle bellezze naturalistiche, il Parco fluviale del Tevere offre la possibilità di praticare gli sport più disparati: dal trekking all’equitazione fino al canottaggio e, persino, la speleologia. Senza dimenticare che i numerosissimi resti archeologici di epoche diverse ne fanno quasi un sito museale a cielo aperto, sicuramente degno di essere visitato.

Progettato nel 1872 dall’architetto aretino Carlo Gatteschi, il teatro comunale di Todi venne inaugurato nel 1876 con l’opera di Giuseppe VerdiUn ballo in maschera“.

L’interno è stupendo, curato in ogni particolare conferendo alla struttura eleganza e signorilità: il sipario, raffigurante la visita di Todi di Ludovico Ariosto nel 1531, è opera di Annibale Brugnoli, artista perugino di grande fama, noto per aver decorato il soffitto del Teatro dell’opera di Roma.

L’intera struttura ospita ben 499 posti a sedere ed è costituita da quattro ordini di palchi. L’ampia platea di forma ovoidale è un gioiello d’architettura Novecentesca, mentre i quattro medaglioni in terracotta, rappresentanti Metastasio, Alfieri, Rossini e Goldoni, sono opera degli scultori Angeletti e Biscarini.

Dal 1992 il Teatro Comunale di Todi ospita la Stagione in prosa che offre a cittadini e visitatori un gran numero di spettacoli di spicco, dall’operetta al musical, fino a danzatori come Paganini e Kemp e perfino cantautori quali Paoli e Vecchioni.

Per la ricchezza paesaggistica e storico-culturale di cui dispone, Todi offre una vastissima gamma di attività di intrattenimento tanto per i suoi abitanti quanto per turisti e visitatori occasionali. Alle suggestive passeggiate nel centro storico e alle visite a Musei comunali e gallerie moderne, potrete alternare attività sportive per tutti i gusti e talenti: escursionismo, trekking, equitazione, canoa, rafting e persino parapendio tra i panorami mozzafiato del Parco fluviale del Tevere, ma anche attività “cittadine” quali bocce, calcio e tennis nelle moderne strutture cittadine.

La comunità dispone infatti di un palazzetto al coperto, di piste di atletica, piscine, centri ippici, palestre e campi sportivi.

Per i più curiosi ed esigenti possiamo menzionare gli Internazionali di Tennis, che ogni anno nel mese di luglio si svolgono in località Ponte Naia, ma anche suggerire una visita ad alcune delle interessanti mostre contemporanee permanenti disseminate in città:

Ab ovo Gallery: nel centro storico di Todi, uno spazio espositivo che si propone come finestra sul mondo delle arti applicate contemporanee europee.

Todi Fine Art: esposizione permanente ad ingresso gratuito che nasce dalla sperimentale fusione di arte e tecnologia, proponendo materiali antichi come la pietra attraverso moderne tecnologie di scatto.

Bibos’s place: nella sede della storica galleria di Giuliana Soprani Dorazio, dal 2013, si trova l’esposizione permanente degli artisti Andrea Bizzarro e Matteo Boetti. La programmazione rispecchia gli interessi dei due artisti: da una parte gli autori storicizzati del Novecento e dall’altra la promozione di giovani artisti in un continuo rimando di generazioni a confronto.

Visitabile su appuntamento.

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LA STORIA DI TODI DALLE ORIGINI UMBRO-ETRUSCHE FINO ALL’EPOCA ROMANA

Tra leggenda e reperti archeologici, la storia dell’origine di Todi rimane ancora avvolta nel mistero. Secondo la tradizione, la città venne fondata nel 2707 a. C. dalla tribù dei Veii-Umbri. Si racconta che, mentre gli uomini sedevano a bivaccare dopo aver cominciato i lavori di costruzione a valle sulle sponde del fiume Tevere, un’aquila dispettosa portò via la tovaglia, lasciandola cadere sulla cima del colle alle loro spalle. Il segno fu accolto come un messaggio divino, la città venne costruita nel luogo indicato e l’aquila divenne il simbolo della città, riprodotta in tantissime effigi.

Al di là dei racconti fantasiosi, gli archeologi hanno potuto riconoscere il nucleo di un insediamento originario, databile al VIII-VI secolo a.C., abitato da un popolo di agricoltori e pastori che venne presto soggiogato dai vicini Etruschi. Il nome stesso della città ne sarebbe testimonianza. Dall’estrusco “Tular” o “tulere” che significa “confine“, derivò il successivo appellativo romano di Tuder, di Tudertum in età medievale e infine di Tode in lingua volgare fino al nome attuale di Todi, i cui abitanti sono chiamati Tuderti o Tudertini.

Agli Etruschi è attribuita la prima cinta muraria costruita tra il III e il I secolo a.C.

 Nell’89 a.C. Todi ottenne il titolo di municipio romano e conobbe un grandissimo sviluppo urbanistico-architettonico il cui fulcro era costituito da Piazza del Popolo, l’antico foro, sul quale dovevano sorgere il Capitolium (l’attuale Duomo) e gli edifici civili di cui non rimane quasi più traccia. L’eco della fiorente età romana si conserva ancora nelle gallerie sotterranee della piazza, nei Nicchioni e nei nomi delle vie che richiamano le vecchie porte cittadine: Porta Aurea, Porta Libera e Porta Fratta a sud – ovest, Porta Catena e Porta Marzia a sud-est.

LA STORIA DI TODI DURANTE IL MEDIOEVO E L’ETÀ COMUNALE

Con la caduta dell’Impero romano d’occidente, anche Todi condivise le sorti della penisola italica subendo le scorribande dei popoli barbarici. Primi i Goti che vennero allontanati dal provvidenziale intervento di San Fortunato, vescovo protettore della città, poi fu la volta dei Longobardi i quali divisero il territorio conquistato in ducati e si trasformarono in autorevoli feudatari costantemente in lotta con i signorotti locali. Le famiglie più famose delle lotte tuderti furono i conti di Montemarte, gli Arnolfi e gli Atti.

È solo a partire dal XIII secolo che la città conobbe il periodo più felice della sua storia: le mura cittadine vennero ampliate ad abbracciare i due speroni circostanti a settentrione e meridione, delimitati dagli ingressi monumentali delle Porte Orvietana, Perugina, Romana ed Amerina. La città assunse così la fisionomia definitiva che rimarrà pressoché intatta fino ai nostri giorni.

In quegli anni Todi estese la propria autorità sulle vicine città di Amelia e Terni che ne divennero tributarie, esercitò il proprio potere sui feudi papali di Alviano e Guardea, strappò ad Orvieto il dominio della vallata del Nera e cominciò ad intessere importanti contatti politici e commerciali con Perugia.

In tale scenario di prosperità, nel 1236, la città diede i natali a Jacopo de Benedetti, meglio noto come Frà Jacopone da Todi, cantore della passione di Cristo e autore di alcune delle Laudi più famose della letteratura italiana in lingua volgare.

Notaio di professione, Jacopo aveva sposato un’aristocratica fanciulla di nome Vanna la quale morì, circa un anno dopo, schiacciata dalle macerie di un pavimento crollato mentre danzava durante una festa. In quell’occasione il futuro frate vide il cilicio sulla coscia della moglie e iniziò per lui un lungo periodo di crisi mistica e peregrinazioni che lo portarono in seguito a convertirsi e prendere i voti. Le sue spoglie, conservate presso la cripta della Chiesa di San Fortunato, sono ancor oggi meta di pellegrini e turisti.

LA STORIA DI TODI DAL RINASCIMENTO ALL’ETÀ MODERNA

L’elezione al soglio pontificio di Bonifacio VIII (1294) segnò per Todi un ulteriore fase di sviluppo economico e politico. Il nuovo papa avviò infatti un’azione diplomatica molto gradita ai ghibellini tuderti, assumendo nelle proprie mani il controllo diretto dell’intero patrimonio ecclesiastico cittadino e sottraendolo così al rettore, alleato dei guelfi. Con il favore della Chiesa, la città riuscì perfino ad impossessarsi del Castello di Montemarte, a lungo conteso alla rivale Orvietana.

La fase di crisi iniziò pochi anni dopo quando, alla morte di Bonifacio VIII nel XIV secolo, Todi cadde in mano del sovrano Carlo IV, il quale la cedette a sua volta al nuovo papa e ad una lunga serie di principi e capitani tra cui spiccano i nomi dei Malatesta da Rimini, Biordo Michelotti e persino Francesco Sforza.

Solo nel XVI- XVII secolo si ebbe una nuova breve fase di ripresa. A questo periodo sono infatti da ascrivere gli ultimi interventi architettonici ed urbanistici ad opera del Vescovo Angelo Cesi; gioielli quali la Fontana della Rua o Cesia (che da lui prende il nome), la chiesa del Crocifisso ed il capolavoro della Chiesa della Consolazione, attribuita al Bramante, sanciscono la sintesi e la conclusione della definizione urbana che, nei secoli successivi, si limiterà a piccoli interventi frammentari.

Quella che si presenta oggi agli occhi dei visitatori è una città cristallizzatasi nel tempo in cui epoche diverse si sono fuse armonicamente e senza contrasti.

L’espansione edilizia degli ultimi decenni ha interessato esclusivamente le frazioni periferiche lasciando intatto il profilo del centro storico coi suoi connotati di antico centro agricolo.

Scopri l’artigianato artistico di Todi.

La tradizione artigianale in Umbria ha radici antiche e spazia in più campi, dal legno ai merletti, alle ceramiche fino al ferro battuto con un gran numero di botteghe e laboratori distribuiti su tutto il territorio regionale.

Per la fitta quantità di boschi con alberi di legno pregiato, quali il frassino, il ciliegio, il rovere ed il noce, l’area di Todi ha sviluppato e conservato nei secoli una forte maestria nella lavorazione di questo materiale e dato vita ad una una grande tradizione di artigianato.

Le realizzazioni artistiche si sono mosse su due binari paralleli, da una parte l’artigianato popolare, legato alla produzione di oggetti di vita quotidiana o necessari al lavoro nelle campagne, dall’altra l’artigianato colto dell’intarsio e della decorazione di interni di Chiese e Palazzi.

Significativi sono i due cori lignei del Duomo e della Chiesa di San Fortunato, realizzati nel Cinquecento e commissionati rispettivamente a Bencivenga da Mercatello e Antonio Maffei da Gubbio. Entrambi gli artisti vollero essere affiancati nella realizzazione dell’opera esclusivamente da artigiani locali, chiara testimonianza della maestria dei tuderti fin dai tempi più antichi.

Disseminati tra le vie della città, laboratori di mobili in stile, di raffinati ebanisti e di abili intagliatori, intarsiatori, scultori e restauratori mantengono ancora viva una tradizione molto antica tramandatasi di generazione in generazione.

Le produzioni, uniche e particolari, vanno dai piccoli oggetti di arredamento fino ai mobili la cui lavorazione a mano, curata nei dettagli, non li allontana di molto dai rari pezzi di antiquariato.

GASTRONOMIA E PRODOTTI TIPICI DI TODI 

In ambito gastronomico, la cucina tuderte rientra perfettamente all’interno della tradizione umbra.

La gastronomia e i prodotti tipici di Todi sono essenzialmente a base di ingredienti semplici e naturali, legati sapientemente tra loro, provenienti da una società agricola e rurale che non si è fatta influenzare nel tempo dalle regioni vicine.

Ai prodotti della terra, quali cereali, legumi, ortaggi e verdura di ogni tipo, si affiancano la carne e i prodotti selvatici dei boschi circostanti: funghi, asparagi e tartufi mentre praticamente assente è il pesce a causa della lontananza dal mare.

Tra le ricette più comuni i cui profumi corrono per le vie della città, possiamo nominare la Palomba alla Ghiotta e la Pasta Dolce dei morti (Maccheroni Dolci) una pasta tipica del periodo dei Santi.

OLIO E VINO

Anche a Todi, come un po’ ovunque in Umbria, si producono olio e vino di grande qualità.

L’ “oro verde” tuderte ha il marchio DOP, in particolare fa parte della sottozona produttiva denominata Colli Martani, area centrale di cui fanno parte 15 Comuni tra cui Massa Martana, Giano dell’Umbria e Montefalco.

Relativamente alla produzione vinicola, invece, Todi si inserisce nella “Strada dei vini del Cantico” uno dei numerosi itinerari enogastronomici denominati “Strade del vino”, finalizzati a far conoscere l’eccellenza della produzione locale. Tra i vini proposti nell’itinerario (un DOCG –Denominazione di Origine Controllata e Garantita e cinque DOC- Denominazione di Origine Controllata) compare il Grechetto di Todi. Si tratta di una varietà forse proveniente dall’Asia dove si produceva un vino in “stile greco” da cui prende il nome, Grechetto.

Pur essendo presente anche in altre zone dell’Umbria, sembra trovare qui la sua massima espressione, come testimoniano autori antichi quali Plinio il Vecchio, che nel I secolo d.C. decantava le lodi dell’uva tudertina, e Sante Lancerio cantiere del Papa Paolo III, che nel 1500 selezionava il Grechetto per la mensa pontificia.

Aggiunto ai preferiti con successo.

Per creare il tuo itinerario avremmo bisogno di qualche informazione in più: indica dunque le date che preferisci, quanti siete e dai un valore ai tuoi interessi, così potremo iniziare a comporre la tua timeline insieme.