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Duomo di Terni – Cattedrale di Santa Maria Assunta

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In un giorno qualsiasi della seconda metà del Quattrocento, la piazza di fronte al duomo di Terni, la Cattedrale di S. Maria Assunta doveva essere molto affollata. I contadini marciavano a passo lento, ingobbiti dal peso del carretto pieno di cereali e barbabietole. I mercanti vociavano per attrarre i ricchi che uscivano dall’Arringo – il consiglio comunale dell’epoca – da questo, o da quest’altro palazzo nobiliare, disposti tutt’intorno alla Chiesa. Alcuni di loro attraversavano la piazza polverosa, evitando maiali e scalciando via polli, altri erano riuniti in piccoli gruppi, a disquisire chiassosamente sul nuovo regolamento imposto dal Papa per il ripristino della moralità. Il benessere e la ricchezza che si erano sviluppati in quegli anni in città avevano portato gli abitanti, soprattutto nobiltà e clero, ad avere comportamenti piuttosto lascivi, obbligando il legislatore a intervenire nel 1444 con una regolamentazione in fatto di prostituzione, gioco d’azzardo, sproloquio e usura.

La piazza doveva essere molto affollata ma, come al solito, di donne in giro se ne vedevano poche e quasi nessuna dopo la nuova legge. Se gli uomini lussuriosi dilapidavano capitali in prostituzione era naturalmente colpa delle donne troppo provocanti, perciò furono proibiti gli abiti dalla foggia “ammiccante”. Questi non dovevano essere di tessuto pregiato, al massimo maniche foderate di seta e manicotti di velluto; gioielli e acconciature non potevano costare o valere più di tre ducati, le coroncine da porre tra i capelli non potevano essere d’oro o d’argento, nemmeno in occasione del matrimonio. Che doveva essere contenuto. Al banchetto nuziale non potevano partecipare più di dieci persone. Le donne non erano ammesse alle celebrazioni funebri pubbliche e, insomma, meno si facevano vedere in giro meglio era. Furono inoltre date indicazioni precise per profondità delle scollature e per l’altezza dei tacchi, che non dovevano superare le quattro dita.

Questo è probabilmente il contesto in cui dovremmo immaginare uno degli elementi che oggi più incuriosiscono del Duomo di Terni. Avvicinandoci alla chiesa, entrando sotto l’elegante portico seicentesco con balaustra sormontato dalle statue di S. Valentino e di altri sette santi vescovi, vedremo che su una lastra, posta sopra la finestrella a losanga alla sinistra del portale centrale, appare incisa l’orma di una scarpa. L’interpretazione di questo strano ritrovamento, effettuato durante dei lavori di restauro agli albori del Novecento, ha dato luogo a stravaganti teorie. La più accreditata – anche se non storicamente verificata – è legata proprio ai regolamenti emanati nel 1444 per arginare il clima di bassa moralità. Sulla lastra fu incisa la misura del tacco che era consentito portare alle donne, rappresentata da una linea verticale all’interno della tripartizione centrale dell’orma. La linea è lunga otto centimetri, corrispondenti proprio a quelle quattro dita imposte dal regolamento, pena la multa di mezzo ducato d’oro.

Non è naturalmente solo l’orma a rendere interessante l’edificio del Duomo, della quale possiamo far risalire una parte della struttura al VI secolo, epoca in cui operava a Terni il santo vescovo Anastasio. La sua tomba è conservata all’interno della cripta e ci induce a pensare che fu proprio la sua morte a dare il via alla vita millenaria di questo luogo, già dimostrata dalla presenza –poco lontano – dell’antico Anfiteatro Fausto del I secolo. La struttura della cripta e la presenza di abside e finestre all’interno ci fa pensare che nell’XI secolo l’edificio non era interrato e costituiva dunque la chiesa vera e propria. Nel XV e XVI secolo furono effettuati consistenti lavori di ampliamento ma l’impianto che oggi possiamo ammirare fu realizzato nel XVII. Un secolo dopo fu la volta dell’orientaleggiante torre campanaria.

All’interno ben poco è rimasto dell’arredo seicentesco, sparito a causa delle dispersioni napoleoniche e dei bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. Questi hanno portato in luce in certi punti i resti della antica struttura romanica, come ad esempio una parte della facciata interna con rosone e due bifore. La terza cappella della navata sinistra è detta della Misericordia, perché presenta un’immagine della Madonna della Misericordia attribuita a Carlo Maratta, uno dei più importanti esponenti del classicismo seicentesco romano. L’organo, le cui canne si presentano imbrigliate in una serie di rami dorati, è un’altra fine opera conservata all’interno della cattedrale. Costruito da Luca Neri nel 1647, i documenti ritrovati nell’archivio comunale ne attribuiscono il progetto niente di meno che a Gian Lorenzo Bernini. Alcune voci, in forza della grande amicizia che intercorreva fra il Bernini e il committente dei lavori, cardinale Rapaccioli, conferiscono all’architetto e scultore napoletano tutto il progetto di ricostruzione.

Dall’orma misteriosa incisa sul portale alla mano che progettò il suo aspetto, molti sono gli enigmi che ruotano intorno alla Cattedrale di S. Maria Assunta. Di certo rimane la sua eleganza, la sua lunghissima storia e il grande impatto sui visitatori che, uscendo dai vicoletti del centro, imboccano la piazza ritrovandosela davanti.

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