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Le porte di Perugia

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Le due cinte murarie di Perugia che sono state erette nei secoli per la protezione della città, hanno imposto la costruzione di numerose porte per l’ingresso nelle vie che si diramavano dal centro cittadino. Per l’esattezza ventidue, di epoche e stili diversi. Le prime che sono state costruite seguono il perimetro delle mura etrusche, in parte ancora visibili, mentre le altre si possono trovare lungo la cinta muraria di epoca medievale, costruita dal XIII secolo in poi. Partendo dall’Arco Etrusco o Arco di Augusto, risalendo il colle Sole verso il centro di Perugia, si può arrivare nel punto dove sorgeva un tempo Porta Sole, oggi ideologicamente attribuita a quello che in realtà è l’Arco dei Gigli, una delle porte di ingresso che sorgono sulla cinta muraria antica, ma costruita nel XIII secolo. Deve il suo nome allo stemma del giglio fatto apporre da Papa Paolo III. In questa zona la cinta muraria originale non è più visibile, ma proseguendo a sud per il perimetro dove questa sorgeva, si arriva a Porta Cornea (o di Sant’Ercolano). Il nome che le si attribuisce deriva dalla vicinanza con la chiesa dedicata allo stesso santo patrono perugino. Anche questa è una porta etrusca, ma che di originale ha conservato solo la base, mentre l’arco a sesto acuto è stato ricostruito nel XIII secolo. In cima a quest’ultimo si può notare un leone, simbolo dei Guelfi ad indicare la protezione che questi offrivano. Proseguendo sempre lungo la linea della cinta muraria antica, si arriva alla magnifica Porta Marzia. Costruita nel III a.C., rappresentava uno degli accessi più importanti alla città. In realtà non esiste più l’ingresso principale, perché la costruzione della Rocca Paolina avvenne proprio dove sorgevano le mura. Fortunatamente però l’architetto Antonio da Sangallo decise di salvarne l’arco incastonandolo nel bastione, grazie a questo “salvataggio” si può facilmente percepire la magnificenza e l’importanza che questa porta poteva avere al tempo. Sopra l’arco è ben visibile la riproduzione di una loggia con cinque sculture, probabilmente dedicate alle divinità, mentre sia sopra che sotto sono visibili le iscrizioni “Colonia Vibia” fatte apporre da Vibio Treboniano Gallo, imperatore Romano di origini Perugine.

Spostandosi verso ovest, anche se non c’è più un collegamento diretto da Porta Marzia, si arriva a Porta Eburnea, detta anche Arco della Mandorla. L’accostamento al frutto deriva dall’arco a sesto acuto che venne costruito in epoca successiva a quella Etrusca, alla quale l’arco appartiene. Venne infatti restaurato nel medioevo, ma la base è interamente originale, in travertino, come lo sono le mura che in questo tratto sono ben conservate. Il nome Eburnea deriva invece dall’avorio delle zanne dell’elefante, simbolo quest’ultimo del rione omonimo alla porta.

Ultima porta Etrusca è la porta Trasimena, anch’essa, analogamente alla porta Eburnea, originale fino alla base dell’arco che fu ricostruito solo in epoca medievale, anche in questo caso in sesto acuto. Il nome deriva dal fatto che è orientata verso il lago Trasimeno, ma è conosciuta anche come di San Luca o di Madonna della Luce, nomi ispirati dalle Chiese che sorgono vicine. Fu la porta preferita dalla famiglia Baglioni che, oltre ad abitare proprio in quel rione, credeva che l’arco fosse propiziatorio di buoni eventi, lo attraversavano infatti prima di scontri o battaglie.

La prima delle porte, seguendo il nostro giro, costruita sulla cinta muraria medievale è Porta Santa Susanna. Sorge nella parte ovest della città e dà il nome all’omonimo rione, ma a sua volta lo eredita dalla chiesa di Santa Susanna, successivamente diventata la cripta di San Francesco al Prato. La porta è stata costruita intorno al XIV secolo e sovrasta la strada che nel medioevo rappresentava un’importante via di comunicazione con Perugia, collegandola infatti con la Toscana e con il lago Trasimeno, dalle cui acque riprende probabilmente il colore blu dello stemma.

Proseguendo verso nord, questa volta seguendo il perimetro della cinta medievale, superando il quartiere di Elce e le università, si arriva alla parte più settentrionale della città, segnata dalla Porta Sant’Angelo che prende il nome dall’Antichissima chiesa di San Michele Arcangelo, da cui prende anche lo stemma, ripreso poi dall’omonimo rione, cioè due ali e una spada, su sfondo rosso a simboleggiare le fiamme.

Trovandoci di fronte all’arco si ha subito una sensazione di imponenza. Si tratta infatti della porta medievale più grande della città. Costruita in tre momenti differenti, impiegando materiali diversi ogni volta. La base è fatta in pietra arenaria, nel 1326. Il secondo livello fu voluto dall’abate di Montemaggiore, verso la fine del XIV secolo, ed è in pietra calcarea. Il terzo livello fu costruito da Fioravanti in laterizio fra il 1416 e il 1424, su ordine di Braccio Fortebraccio che lo volle far diventare un cassero, compreso di feritoie, botole o piombatoia.

Restaurata negli anni 90 del secolo scorso, è stata sede del Museo delle Mura Urbiche, fino al 2016, mentre oggi ospita un percorso didattico musicale chiamato “Musica, un’esperienza tutta da sentire”.

Proseguendo il nostro percorso lungo le mura medievali, salendo leggermente, per poi scendere e spostarci verso est, si incontra non molto lontano l’Arco dello Sperandio. Piccolo accesso alla città, anche questo di costruzione medievale, con un’iscrizione gotica in cima all’arco, prese il nome dal vicino monastero femminile, che a sua volta si chiamava così per via di una scritta all’entrata “Spera in Deo 1696” ancora visibile.

Scendendo verso sud, lungo le mura perfettamente conservate, si giunge alla Porta del Bulagaio, di costruzione relativamente recente (1765), restaurata nel 2013. Il nome, parola dialettale umbra ad indicare confusione/caos, non è di chiara origine.

Si risale a questo punto alla fine di Corso Bersaglieri, fino alla Porta di Sant’Antonio, commissionata anche questa dall’Abate di Monmaggiore fu costruita nel 1374 come estremità della fortezza papale di Porta Sole. Servì da ingresso ai bersaglieri che liberarono la città dal dominio papale, come ricorda la targa apposta sull’arco. Questo evento diede il nome alla strada che si apre dopo l’arco, Corso Bersaglieri appunto, che se ripercorsa nella sua strada parallela, conduce a Porta Pesa o Arco dei Tei. Anche questa facente parte del Borgo di Sant’Antonio, come la precedente e omonima porta, costituisce ad oggi un’importante via di accesso alla città. Realizzata con arco a sesto acuto nel XIII secolo, prende uno dei nomi dall’antica famiglia gentilizia che abitava nelle vicinanze. Oggi però è molto più conosciuta con un altro nome, Porta Pesa, per la bascula comunale sulla barriera daziale che un tempo vi fu collocatala proprio a ridosso.

Il giro prosegue, sempre verso sud per le mura medievali, fino ad arrivare a Porta Santa Margherita, che anche in questo caso deve il nome al vicino edificio religioso, il monastero benedettino femminile. Nella parte destra la porta si appoggia su un bastione, residuo di un’antica fortezza del ‘500.

Proseguendo sempre verso sud, in linea con la parallela Corso Cavour, si giunge a Porta San Girolamo, collocata proprio in prossimità del Cinema Zenith, un ex convento Francescano. Venne eretta nel XV secolo, ma fu ricostruita alla fine del XVI secolo su commissione del Cardinale Alessandro Riario, (da cui deriva il nome alternativo: Porta Alessandrina), durante il regno di Gregorio XIII, come ricorda l’iscrizione sulla porta. Oggi conosciuta anche perché è il punto di partenza della celebre Marcia della Pace.

Continuando si giunge alla parte più a Sud della città, dove molto vicini sorgono l’Arco di Braccio e la Porta di San Costanzo. La prima costruita nel 1250, rappresentava un’importante via di percorrenza cittadina, presentava ai suoi lati due bastioni. Il nome, come intuibile, è dedicato al condottiero perugino Braccio Fortebracci, che soleva effettuare esercitazioni militari nelle vicinanze. Oggi l’arco è inglobato nel complesso del monastero di San Pietro, in quanto non più utilizzato da quando fu sostituito con la seconda porta, quella di San Costanzo. Quest’ultima iniziata a costruire su commissione dei monaci benedettini nel 1587, ma ultimata solo in seguito, quando appunto l’arco di Braccio venne dismesso, non raccolse mai il favore del popolo, forse perché fece ripetutamente da ingresso ad eserciti invasori o oppressori (sono numerosi i casi di armate entrate in protezione dello stato pontificio, contro il popolo di Perugia).

Risalendo da questo punto Borgo XX Giugno, all’inizio di Corso Cavour si trova Porta San Pietro. Importantissima via dì accesso alla città, si alza maestosa fra due delle vie più belle di Perugia. Fu costruita in più frangenti. La facciata rivolta verso il centro storico infatti risale al ‘300 e in cima, in una nicchia, si può notare un dipinto raffigurante la Madonna del Rosario fra i santi Francesco e Domenico, mentre la più recente è stata fatta verso la fine del ‘400 da Agostino di Duccio e Polidoro di Stefano, a volere una forma stile “Arco di Trionfo”, con due torri laterali a rinforzare la struttura.

Continuando verso nord, sempre percorrendo le mura medievali, si arriva alla Porta di Santa Croce o dei Tre Archi. Molto conosciuta dagli umbri in quanto è un punto di riferimento urbano soprattutto per la circolazione in automobile. Prende il suo nome anche in questo caso dall’adiacente Chiesa San Giuseppe, un tempo Chiesa di Santa Croce. La porta venne restaurata nel 1857, date le sue cattive condizioni strutturali.

Poco vicino, in direzione del centro storico, troverete l’Arco dei Funari. Costruito nel XIII secolo. In questo caso il nome è dovuto al mestiere che veniva svolto all’epoca nelle botteghe adiacenti, cioè quello dei cordai. Con il passare del tempo, a causa della perdita di importanza del passaggio che rappresentava, passò in secondo piano, tanto da vedersi ridurre l’altezza dai successivi strati di pavimentazione costruiti negli anni a venire.

Spostandovi verso ovest, accedendo da Via Luigi Masi, seguirete la vecchia linea delle mura che in questo tratto non sono più visibili e arriverete alla Porta Crucia, detta anche porta Eburnea Nuova. La versione originale di questo arco risale al XIII secolo, quella che però è possibile vedere oggi è la ricostruzione fatta nel XVI secolo. Il materiale utilizzato è quello delle mura etrusche, cioè il travertino, insieme però ai mattoni rossi. La placca situata in cima rivela il committente della porta, cioè il governatore pontificio Antonio Santacroce. Il passaggio di questa porta veniva utilizzato molto per il trasporto del pesce dei pescatori del Lago Trasimeno, tanto che la via che la attraversa prese proprio il nome di Via del Pesce.

Seguendo il tratto di mura, in questo caso ancora visibili, si giunge all’ultima porta della cinta medievale, la Porta di San Giacomo. Piccolo arco a sesto acuto, costruito originariamente nel XIII secolo, prende il nome della Chiesa di San Giacomo, che era situata nelle vicinanze.

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