Il convento e la chiesa di Sant’Antonio a Bettona costituiscono oggi un rudere abbandonato. Ma furono per trecento anni centro della vita sociale e religiosa della città. Pietro Onofri, sacerdote refrattario di Bettona, nelle sue Memorie, ci restituisce la deliziosa immagine dell’edificio all’inizio dell’Ottocento, poco prima della sua soppressione: “tutto insieme era questo uno dei più belli conventi, che avessero i Padri Osservanti nella Provincia dell’Umbria. […] Nelle vicinanze della nostra Bettona, non vi è situazione più bella”.
Furono i frati minori osservanti a fondare il convento. Erano arrivati a Bettona nel 1434 per volere dei paesani stessi: i religiosi si erano stabiliti nel romitorio di Sant’Onofrio, oggi cappella del Camposanto di Bettona, dove restarono fino al 1500. In seguito “per la grand’humidità et insalubrità del sito che si rendeva inhabitabile”, si trasferirono nel luogo dove sorgeva una cappella dedicata a San Manno. E iniziarono la costruzione della chiesa e del convento.
Il convento era abbastanza grande: vi erano due dormitori, con 20 stanze abitabili e un appartamento per i superiori provinciali; il refettorio poteva ospitare 40 frati e vi erano tutte le officine necessarie. Era presente anche una biblioteca ben fornita e catalogata. Mentre non c’erano né infermeria né spezieria. Inoltre i frati disponevano di un vasto giardino e di un bosco con alberi da frutto.
L’adiacente chiesa era scrigno di opere d’arte, nonché perno della vita della comunità bettonese: qui venne eretta la confraternita di Sant’Antonio Abate. Era costituita interamente da contadini, a dimostrare quanto tale luogo rappresentasse il polo religioso di maggior attrazione per le popolazioni delle campagne. Questi aiutavano i religiosi nella gestione della chiesa e del convento e, con le loro questue, acquistarono molti degli oggetti e delle opere d’arte presenti nell’edificio; molti dei quali andati dispersi dopo la soppressione, mentre altri sono oggi conservati presso il Museo della Città di Bettona. Tra questi ultimi troviamo il Sant’Antonio di Padova e committente e la Madonna della Misericordia di Pietro Vannucci detto il Perugino, la Madonna delle Grazie e sei santi di Jacopo Siculo e una terracotta invetriata rappresentante Sant’Antonio di Padova di ambito robbiano.
Dopo l’Unità d’Italia, il convento di Sant’Antonio a Bettona venne soppresso. Divenne ospedale, colonia della G. I. L., e casa popolare per famiglie in difficoltà economiche; dagli anni Ottanta, dopo dei lavori di ristrutturazione mai completati, il complesso versa in pessime condizioni. Completamente spoglio di qualsiasi arredo, la vegetazione lo ha ricoperto sia internamente che esternamente. Presenta mura pericolanti e parti di affreschi lasciati in terribile stato. Negli ultimi anni qualcosa si è mosso. Grazie alle iniziative promosse dalla Pro Loco di Bettona in collaborazione con il Comune che hanno presentato un progetto di restauro dell’intero edificio, ma mancano i fondi necessari ad intraprendere i lavori.