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Orvieto

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Scopri Orvieto: la città narrante

Scopri una delle perle dell’Umbria, la città di Orvieto e i suoi immensi tesori.

Descrivere in poche righe la ricchezza dei tesori paesaggistici, architettonici, storico-archeologici, artistici ed ingegneristici di Orvieto è un’ardua impresa. Per visitare un tale gioiello dell’Umbria non vi basterà un’intensa giornata di passeggiate, visite museali ed esplorazioni sotterranee. La città saprà stupirvi ad ogni vicolo che percorrerete. Nell’ampio territorio di una fertile valle attraversata dai fiumi Tevere e Paglia, sopra uno zoccolo di tufo vulcanico dal suggestivo colore ocra intenso sorge, come un castello fiabesco, la città orvietana. Al centro della quale il Duomo, opera architettonica unica e straordinaria, fa brillare i mosaici dorati della sua facciata alla luce del sole.

Personaggi dai nomi altisonanti quali Luca Signorelli, Ippolito Scalza e Antonio da Sangallo hanno contribuito a rendere lo spazio urbano un contenitore di immensi tesori di epoche diverse. I pontefici stessi, a partire dal Cinquecento, scelsero Orvieto come loro sede. Era per via della sua posizione strategica e fortificata. Ma ciò contribuì a trasformarla in un attivo polo culturale.

La natura complessa della città è testimoniata dalla molteplicità dei simboli che ne compongono lo stemma. Su di esso compaiono una croce rossa su campo bianco (a simboleggiare la fedeltà di Orvieto ai Guelfi, filo-papali), l’Aquila nera (simbolo della dominazione romana), il leone in campo rosso (ancora in riferimento alla fedeltà al Papa), infine l’Oca (in omaggio alle oche del Campidoglio che salvarono Roma).

Tutto questo e molto più è racchiuso all’interno dei confini della Rupe che ospita case e strade di una città vecchia di quasi tre millenni. La quale, non accontentandosi dello spazio disponibile in superficie, ha saputo creare un’altra sé nel sottosuolo. Con delle opere di architettura straordinarie che lasceranno a bocca aperta chiunque si avventuri nelle viscere della terra. Scopri l’atmosfera incantata di Orvieto, che pure ha saputo rimanere al passo con i tempi. Divenendo meta di turisti e visitatori per importanti eventi mondani di risonanza nazionale ed internazionali. Come l’Umbria Jazz Winter.

Una città in cui la tradizione antica di arti e mestieri quali la lavorazione del legno, della ceramica e del merletto d’Irlanda, le vestigia antiche delle civiltà passate ed infine lo splendore delle opere artistiche di Medioevo e Rinascimento, si sono perfettamente integrate in una società moderna. Ancora capace di offrire la genuinità dei propri prodotti. Come il vino orvietano e l’olio extra vergine d’oliva. Capace di trasmettere la propria devozione con la tradizionale festa del Corpus Domini. Di incantare con gli scenari naturali di un paesaggio incontaminato e arioso in cui lo sguardo si perde all’orizzonte.

Esistono meraviglie difficili da raccontare con le parole. L’unico modo di conoscerle è viverle e vederle con i propri occhi. Orvieto è una di queste!

Alla scoperta di Orvieto

Scopri cosa vedere ad Orvieto.

Dall’alto della rupe tufacea che la ospita, Orvieto domina la fertile valle sottostante. Si erge fiera e maestosa al di sopra dei vigneti e della fitta vegetazione che la circonda. Oltre tre millenni di storia hanno dato forma a edifici, strade e piazze di una città che ha conosciuto diverse civiltà. Che è stata considerata una vera e propria fortezza per tanti anni dagli stessi Pontefici. Per la sua naturale conformazione e straordinaria posizione strategica. Ciò che ancora oggi si può ammirare entro le mura è una realtà urbana stratificata, che conserva intatta la sua natura di rocca difensiva.

Si accede al centro storico attraversando le Porte cittadine di un tempo. Da Porta Soliana o della Rocca, Porta Maggiore o dalla ottocentesca Porta Romana. Avrete l’impressione di entrare in un mondo incantato che vi stupirà ad ogni angolo. La prima tappa sarà Piazza del Duomo. Vi lascerà a bocca aperta di fronte alla magnificenza di un’opera architettonica come il Duomo. Dedicato a Santa Maria Assunta, gioiello di un’arte gotica medievale senza eguali, scrigno di tesori artistici quali il Giudizio Universale, dipinto da Luca Signorelli nella Cappella di S. Brizio o il prezioso reliquiario della Cappella del Corporale.

Alla straordinarietà dell’opera, dalla sua realizzazione fino alle varie fasi decorative che le hanno conferito l’aspetto attuale, è stato dedicato un intero Sistema Museale. Quello del Museo dell’Opera del Duomo Orvietano (MODO). Si articola su quattro poli differenti. Si va dai Palazzi Papali a lato della Cattedrale stessa, alla Libreria Albèri. Al Museo di Emilio Greco presso il Palazzo Soliano. Per concludere con le opere conservate nella Chiesa di S. Agostino.

Continuando questo percorso per scoprire cosa vedere ad Orvieto, percorrendo Via Maitani arriverete a Piazza Febei. Un’antica iscrizione la indica come “il punto più alto della città”. Qui potrete ammirare la Chiesa di S. Francesco dall’austero aspetto esteriore che si contrappone alle pregevoli decorazioni barocche interne. Risalendo lungo via del Duomo vi troverete nel cuore della città. All’incrocio con l’arteria principale di Corso Cavour. Qui sorgono il Palazzo dei Sette, così chiamato perché era sede dei Sette Magistrati rappresentanti delle Corporazioni di Arti e Mestieri cittadini, e la straordinaria Torre del Moro. Dalla sua sommità, a circa cinquanta metri d’altezza, potrete contemplare con lo sguardo l’intera Orvieto e la valle che essa domina. Percorrendo Corso Cavour, dovrete aguzzare la vista. Ad ogni traversa, infatti, ai vostri occhi si presenteranno gioielli architettonici di epoche diverse.

Sul lato occidentale arriverete ad un altro polo cittadino: Piazza della Repubblica. Su cui si erge il Palazzo Comunale, ancor oggi sede del Comune. Le sue eleganti forme sono opera di architetti illustri quali il Sangallo e Ippolito Scalza. Al lato dell’edificio civile, campeggiano la Chiesa di S. Andrea e la monumentale torre campanaria dodecagonale. A poca distanza troverete ancora un tesoro. Presso via della Cava, potrete infatti ammirare il Pozzo della Cava. Una delle mirabili opere di ingegneria idraulica di cui è ricca Orvieto. Per poi arrivare fino alla Chiesa di S. Giovenale, forse la più antica della città.

Spostandovi invece verso oriente, approderete al terzo e ultimo polo cittadino: Piazza del Popolo. Incorniciata architettonicamente dal bellissimo Palazzo del Popolo. L’antica sede del Capitano del Popolo in età medievale che oggi è un elegante Centro Congressi. A questo punto non vi resterà che raggiungere l’estremità della rupe. Soffermatevi ad ammirare l’ottocentesco Teatro Mancinelli. Fu realizzato per volere dei cittadini orvietani su progetto dell’architetto Vespignani. Alla fine della strada rimarrete affascinati dai giardini pubblici cittadini, inseriti all’interno delle mura dell’antica Fortezza Albornoz. Dove ancora potrete perdervi nelle suggestive atmosfere del celebre Pozzo di San Patrizio. Voluto dal papa Clemente VII nel Cinquecento. Oppure tuffarvi in un passato più antico con le vestigia archeologiche del Tempio etrusco del Belvedere. Sono mirabilmente conservate e fruibili a poca distanza da Piazza Cahen.

Insomma, organizzate bene il tempo a disposizione per scoprire cosa vedere ad Orvieto. La città è una miniera di tesori nascosti che meritano di essere scoperti ed ammirati.

Il Duomo di Orvieto è un indiscusso capolavoro di architettura gotica tardo-medievale. Per la varietà degli elementi decorativi, perfettamente integrati tra loro pur essendo opera di numerosi artisti differenti. E per la maestosità delle forme strutturali, l’edificio costituisce una unicità nel panorama architettonico nazionale. Simbolo della città. Sovrasta e domina con la sua mole, l’intero altopiano sul quale sorge. Alla sua realizzazione contribuirono alcuni tra i capomastri più eminenti del medioevo italiano. Per un periodo di realizzazione di oltre tre secoli, dal XIII fino al XVII.

Secondo le fonti l’inizio dei lavori, con la posa della prima pietra, risale al 1290. Per volontà congiunta della Chiesa, nella persona del papa Urbano IV, e del Comune. Si doveva infatti sopperire ad una duplice esigenza: da una parte la sostituzione, nella piazza cittadina, delle due piccole chiesette malridotte di S. Maria (episcopale) e di S. Costanzo (Parrocchiale), dall’altra quella di dare una degna sistemazione alla santa reliquia del famoso “Miracolo del Sangue” di Bolsena. La tradizione vuole infatti che, nel 1263, nella chiesa di S. Cristina, durante la messa, l’ostia consacrata avesse cominciato a sanguinare tra le mani di un sacerdote che non credeva pienamente nel dogma della transustanziazione. Le gocce di sangue colarono fino a sporcare la tovaglia dell’altare, il sacro Corporale che, ancora oggi è conservato nell’omonima cappella del Duomo di Orvieto. Lo stesso che viene portato in processione per la festività del Corpus Domini.

Il primo progetto dell’edificio prevedeva una basilica romanica. Successivamente Giovanni di Uguccione, quando sostituì Fra Bevignate nella direzione dei lavori, modificò la struttura dandole un’impronta prettamente gotica. A partire dal 1309, allo scultore ed architetto Lorenzo Maitani fu affidata la prosecuzione dell’opera che compì in maniera egregia. Realizzò l’abside rettangolare, la vetrata quadrifora dietro l’altare, le bellissime decorazioni in rilievo dei quattro pilastri nella parte inferiore della facciata. Fino alle quattro bellissime sculture bronzee che simboleggiano gli evangelisti. Alla morte del maestro, il Duomo venne affidato alla sapiente arte di Andrea Pisano. Già lavorava al Duomo di Firenze e, dal 1359, alla maestria di Andrea di Cione, detto l’Orcagna al quale sono attribuiti la meravigliosa decorazione a mosaici ed il rosone della facciata.

La direzione dei lavori passò ancora, negli anni successivi, ad illustri personaggi. Quali Michele Sanmicheli e Antonio da Sangallo il Giovane, per concludersi definitivamente con l’ultimo intervento realizzato in età moderna, nel 1970. Con la sostituzione degli originali portoni in legno con dei maestosi portali in bronzo, decorati da scene dedicate alle Opere di Misericordia, realizzati dallo scultore siciliano Emilio Greco.

La facciata del Duomo di Orvieto sovrasta la piazza. Ipnotizza gli osservatori con la ricchezza degli elementi decorativi che la compongono e l’imponenza della struttura che si slancia verso l’alto. La lucentezza dei mosaici dorati, che descrivono scene della vita della Vergine Assunta a cui il Duomo è dedicato, fa da sfondo alla magnificenza del rosone centrale, composto da una doppia fila di colonnine con archi incrociati, incorniciato ai quattro lati dai mosaici dei Padri della Chiesa: Sant’Agostino, San Gregorio Magno, San Girolamo e Sant’Ambrogio, e dalle figure scultoree degli Apostoli e dei Profeti.

Le pareti laterali, molto più sobrie, sono invece caratterizzate dall’alternarsi di filari in basalto e travertino. Sono queste a conferire all’edificio la caratteristica bicromia bianco-verde scuro. All’interno il Duomo presenta una pianta a croce latina. È articolata in tre navate spaziose ed eleganti, con copertura a capriate e la medesima decorazione a bande alternate di travertino e basalto che si trova all’esterno. Tra le opere d’arte degne di menzione vi sono la Pietà (o Deposizione) e l’Organo a canna di Ippolito Scalza.

Per concludere con i capolavori conservati nelle due cappelle laterali del transetto: la Cappella del Corporale ospita la sacra reliquia del “Miracolo di Bolsena” in un pregevolissimo reliquiario, realizzato tra 1337-38 dall’orafo senese Ugolino di Vieri; la Cappella della Madonna di San Brizio è decorata dagli affreschi di pittori illustri del calibro di Fra Angelico, Benozzo Gozzoli e Perugino, con l’indescrivibile capolavoro del Giudizio Universale, realizzato tra 1500-03 da Luca Signorelli su imitazione degli affreschi michelangioleschi della Cappella Sistina.

La monumentale Abbazia dei Santi Severo e Martirio, comunemente nota come La Badia, si staglia a circa tre chilometri dal centro abitato, in direzione sud, sulla strada che conduce a Porano, a poca distanza dalla Rupe di Orvieto. Il primo nucleo del complesso risalirebbe al VI secolo quando, in prossimità di una piccola chiesetta dedicata a San Silvestro, la nobile longobarda Rotruda fece erigere l’Abbazia. La tradizione racconta che, in seguito alla morte di San Severo, la nobildonna, per toccarne il feretro, allungò la mano la quale rimase imprigionata fino a quando Rotruda non pronunciò il voto di far costruire un santuario dedicato al santo in quello stesso luogo. Così il complesso venne realizzato ed intitolato a Severo ed al suo discepolo, San Martirio.

Per quanto riguarda le fonti documentarie, il complesso monastico è noto fin dal 1055, e per alcuni secoli, fino al 1221 fu occupato dai monaci benedettini.

In seguito alla ribellione mossa dai monaci contro il Vescovo di Orvieto, il papa Onorio III cacciò l’Ordine dall’Abbazia e lo sostituì con i monaci benedettini riformati dell’Ordine dei premostratensi o norbertini, dal nome del loro fondatore Norberto, canonico di Xanten e arcivescovo di Magdeburgo.

Fu ad opera di questi ultimi che alle strutture già esistenti: la chiesa, il monastero e la bellissima torre campanaria dodecagonale, vennero aggiunti un grande refettorio, il chiostro e l’aula capitolare ancora ben conservati.

Nel suo complesso la struttura presenta edifici imponenti, riferibili ad epoche diverse, che sono stati modificati nel tempo sia dal punto di vista architettonico che funzionale.

Sicuramente degni di menzione e di visita sono la Chiesa originaria, l’Oratorio ed il Campanile, divenuto simbolo dell’intero complesso.

Risalente al XII secolo circa, la chiesa corserva ancora oggi una meravigliosa pavimentazione cosmatesca e l’altare in pietra impreziosito dal paliotto a bassorilievi, databile all’epoca romana. L’edificio, accessibile da un elegante portale a sesto acuto, presenta all’interno un’unica navata articolata su due piani: quello superiore dedicato al coro, quello inferiore al vestibolo.

Una particolarità della struttura è data dalla presenza di un’absidiola realizzata sul retro della chiesa, da cui l’Abate aveva l’opportunità di seguire le funzioni. Si tratta in realtà di un espediente architettonico non nuovo nella città. Se ne trovano altri esempi nelle Chiese di Santo Stefano e di Santa Mustiola a Orvieto ed in quella di San Bartolomeo a Morrano.

Un’altro ambiente molto suggestivo è l’Oratorio del Crocifisso, a lato dell’ingresso del complesso. In questa immensa sala sono conservati preziosissimi affreschi del XIII secolo, il più importante rappresenta il Crocifisso tra i Santi Maria Maddalena, Agostino, Severo, Giovanni, Elisabetta, Battista e Martirio. L’aula doveva essere adibita a refettorio nella struttura originaria.

Infine, una menzione particolare merita la monumentale ed insolita torre campanaria, dalla spettacolare pianta dodecagonale. Dal punto di vista stilistico, la torre sembra integrarsi con il primo nucleo del complesso monastico (XII secolo) e presenta un primo ordine di finestre bifore, al quale vennero poi aggiunti un ordine di monofore ed una cornice merlata. La campana che vi è ospitata, venne denominata “Viola” per la sua sonorità dai toni soavi.

Oggi l’Abbazia dei Santi Severo e Martirio, di proprietà privata, è stata trasformata in una lussuosa struttura ricettiva, in cui alcuni spazi sono stati adibiti a luoghi dedicati agli ospiti, altri, quali la torre ed altri ambienti del complesso medievale, sono liberamente visitabili.

Alle meraviglie architettoniche e paesaggistiche della superficie, baciate dal sole e circondate dal verde della valle che la ospita, Orvieto affianca un tesoro nascosto e, per lungo tempo rimasto sconosciuto, oggi noto con il nome di Orvieto Sotterranea o Orvieto Underground.

La scoperta si deve all’impegno di alcuni speleologi avventuratisi per primi in un vero e proprio mondo sotterraneo che ancora non finisce di stupire chi vi si addentri. Grazie agli studi antichi e moderni (i primi censimenti sono iniziati a partire dall’Ottocento), oggi è stato possibile censire ben 1200 cavità di diversa natura, epoca e funzione che costituiscono il labirintico cuore della città.

Da Piazza del Duomo una visita guidata consentirà ai visitatori di esplorare le meraviglie della Orvieto sotterranea, ripercorrendo le fasi della storia dall’etrusca città di Velzna, alla Urbs Vetus del Medioevo, per arrivare alle cisterne, ai pozzi, persino ai resti di un mulino di epoca rinascimentale e moderna. Sono numerosissimi i “colombai”, piccole aperture rettangolari scavate nella roccia, generalmente in collegamento con l’esterno che consentivano l’allevamento dei colombi. Sarà possibile riconoscere gli inconfondibili pozzi etruschi, gioielli di architettura idraulica con le “pedarole”, realizzate sulle pareti delle cavità per consentire la salita e la discesa all’interno dei pozzi. Cunicoli intricati, percorreranno per chilometri gli spazi della città, mostrando resti di cisterne, di ambienti dedicati al ricovero degli animali, di fulloniche per la tintura della lana, persino i resti dell’acquedotto urbano che venne realizzato nel rinascimento, collegandosi alle strutture dei famosissimi Pozzi di S. Patrizio e della Cava, senza dimenticare l’antichissima Grotta dei tronchi fossili, che ha restituito resti paleobotanici databili a 320 mila anni fa, molto prima dell’arrivo degli uomini.

Una menzione particolare merita il Museo privato sotterraneo, noto come “Labirinto di Adriano”. La definizione di Labirinto deriva dalla natura tortuosa del percorso che si snoda attraverso una ventina di cunicoli, pozzi, cavità e cisterne che furono scoperte, negli anni Settanta, da Adriano e Rita, proprietari della pasticceria che sorge immediatamente sopra il museo. In occasione dei lavori di ristrutturazione del pavimento, i due pasticceri fecero l’insolita scoperta e trasformarono l’area in un sito archeologico, visitabile con una guida, che ha ottenuto il riconoscimento di museo privato.

Insomma, la natura della Rupe, composta da tufo e pozzolana, ha permesso di lavorare per ben tre mila anni gli spazi incontaminati del sottosuolo, creando un mondo che oggi costituisce l’altra faccia della medaglia di una città già meravigliosa anche in superficie.

Agli amanti del trekking e delle passeggiate all’aperto, Orvieto regala un’esperienza unica nel suo genere con l’anello della Rupe, grazie alla straordinaria conformazione rocciosa che la caratterizza. Per un percorso di circa cinque chilometri, l’intero perimetro dello zoccolo tufaceo sul quale sorge la città è percorribile a piedi, con sali-scendi a tratti in forte pendenza ma sempre di breve durata. Si tratta di una passeggiata di medio-bassa difficoltà, della durata di circa novanta minuti, capace di regalare scenari paesaggistici ed archeologici di indescrivibile bellezza. L’itinerario è inserito all’interno del Parco Archeologico Ambientale Orvietano (Paao) e prende avvio dal centro abitato in Piazza Cahen. Imboccando il sentiero detto “Le Piagge”, si costeggia la Fortezza Albornoz e si comincia un piccolo viaggio tra le bellezze della Valle, passando per monumenti naturali ed artificiali quali la Porta Rocca, la Fontana di San Zeno che riceve l’acqua direttamente dal Pozzo di San Patrizio, e poi ancora le vestigia etrusche della Necropoli detta del Crocifisso di Tufo, così chiamata per il piccolo Crocifisso che è stato ricavato in rilievo sulla parete in tufo di una piccola chiesetta lì costruita. Gli alberi di castagno e la fitta vegetazione della fertile valle sottostante, attraversata dal Tevere e dal Paglia, si alternano a speroni rocciosi ed imponenti pareti di tufo, che assumono colorazioni diverse a seconda delle zone, dal giallo ocra forte, al rosso intenso, fino alle sfumature più tenui del color argilla. Proseguendo lungo l’anello della rupe si arriva fino alla chiesetta della Madonna del Velo, recentemente ristrutturata e trasformata in un punto informazioni, dotato di servizi e noto come “Osservatorio della Rupe“. Passando attraverso Porta Maggiore, si arriva al Foro Boario, così chiamato per il mercato del bestiame che vi aveva luogo e, pochi passi più avanti, si comincia a scorgere l’imponente struttura della Badia (Abbazia dei Santi Severo e Martirio). Qui ed in altri tratti, la parete è costellata di piccoli fori, scavati fin dai tempi degli etruschi, per consentire la nidificazione dei colombi, da cui prendono appunto il nome di colombai. A questo punto il cammino giunge al termine, percorrendo in salita una lunga strada lastricata, si osserverà la grotta naturale dei tronchi fossili, datati a 320.000 anni fa, e sull’altro lato l’imponente edificio della Fortezza Albornoz, che ricondurrà i temerari escursionisti al punto di partenza di piazza Cahen.

Quello che viene comunemente definito come MODO (Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto) non si identifica con un unico edificio museale ma costituisce un vero e proprio Sistema, organizzato su poli differenti, tutti a ridosso o in diretta connessione con il Duomo. Come fulcro della propria esposizione e dell’intero itinerario, i poli, hanno la Cattedrale dedicata a Santa Maria Assunta, l’indiscusso capolavoro della città orvietana. Nei vari ambienti sono infatti conservati ed esposti non solo documenti e carteggi legati alle varie fasi di progettazione e realizzazione dell’edificio religioso ma anche suppellettili ed elementi decorativi, un tempo custoditi all’interno della Cattedrale e rimossi nel XIX secolo, in seguito ad un’imponente opera di restauro che aveva come obiettivo quello di riportare la Cattedrale all’originale sobrietà.

L’esposizione parte dal Duomo stesso e si muove presso le stanze dei Palazzi Papali in cui sono esposti affreschi del XIV-XV secolo, opere scultoree e pittoriche di artisti come Ippolito Scalza, Cesare Nebbia ed Arnolfo di Cambio, infine grandi pannelli delle sinopie di affreschi della Cappella del Corporale. Si prosegue presso la Libreria Albèri, realizzata nel 1499 per volontà dell’arcidiacono Antonio Albèri che decise di donare al Duomo la propria collezione di manoscritti ed incunaboli, per un totale di più di 300 pezzi. Il Palazzo Soliano, anch’esso edificio papale, ospita la moderna collezione di bronzi lavorati dallo scultore siciliano Emilio Greco, a cui si devono anche i tre portali monumentali del Duomo stesso. Il percorso si conclude nella Chiesa di S. Agostino, in cui sono esposti i meravigliosi gruppi scultorei “dell’Annunciazione”, realizzata da Francesco Mochi nel Seicento e le statue di Apostoli e Santi, datati al XVI-XVIII.

In una delle piazze principali della città, Piazza Repubblica, sorge la bellissima chiesa dedicata a Sant’Andrea e San Bartolomeo con i suoi sotterranei da scoprire.

L’edificio, nelle sue forme attuali, è il frutto di numerosi rimaneggiamenti nel corso dei secoli. Le forme romaniche testimoniano un impianto dell’XI secolo circa a cui venne aggiunto, nel Cinquecento, il monumentale portale d’ingresso in marmo rosso opera di Vito di Marco da Siena. Agli ultimi interventi in epoca moderna, realizzati tra il 1926-30, si devono invece le figure scultoree della lunetta del portale e le vetrate dell’elegante rosone centrale. Allo stesso periodo si data anche la caratteristica torre campanaria, in tufo, a pianta dodecagonale con tre ordini di bifore ed un coronamento merlato nella parte sommitale.

Al lato opposto della facciata, a sinistra dell’osservatore, un arioso loggiato impreziosisce la struttura addossandosi alla parete della chiesa.

All’interno l’edificio è articolato in tre grandi navate, separate da colonne monolitiche con un presbiterio rialzato ed una bellissima abside quadrangolare. Fin da tempi antichi la Chiesa dovette rivestire un ruolo importante nella città, tanto che fu sede di importanti cerimonie quali la nomina di papa Martino IV e di cardinali del calibro di Niccolò IV e Bonifacio VIII. Le opere d’arte che vi sono custodite all’interno risalgono a periodi e stili differenti: dagli affreschi trecenteschi all’edicola sepolcrale del XIV secolo, dal pulpito cosmatesco fino alle opere di artisti come il Nebbia ed il suo allievo Angelo Righi di Orvieto.

Ciò che tuttavia costituisce il valore aggiunto della Chiesa di Sant’Andrea sono i suoi sotterranei, visitabili con una guida, che hanno restituito resti molto antichi riconducibili a ben quattro periodi diversi: dalla prima fase dell’Età del Bronzo, a quella Villanoviana ed Etrusca del VI secolo a.C., fino a quelle più recenti del periodo romano e cristiano.

La singolare struttura della città orvietana, interamente raccolta al di sopra dello zoccolo tufaceo che ne garantiva la protezione dagli attacchi nemici, ha permesso di conservare ancora in epoca moderna buona parte delle immense porte cittadine che nel medioevo consentivano l’accesso al centro storico. Delle numerose porte costruite ad Orvieto, due sono oggi completamente andate perdute: la Porta Cassia e la Porta Daziaria (chiamata così perchè per il passaggio attraverso di essa era necessario il pagamento di un dazio doganale). Entrambe si trovavano presso l’attuale Piazza Cahen.

Le altre Porte sono invece ben conservate, visibili e costituiscono ancor oggi gli ingressi alla città di Orvieto: la Porta Vivaria, percorribile solo a piedi, consente di arrivare alla Necropoli etrusca del Crocifisso del Tufo con una suggestiva passeggiata ai lati della Rupe; le Porte Maggiore e Soliana (o della Rocca) si trovano, rispettivamente, ai lati ovest ed est della rupe, vennero realizzate a scopo difensivo nel XIII secolo e sono entrambe decorate da una statua del Papa Bonifacio VIII.

L’ultima e più importante di queste Porte monumentali è Porta Romana, realizzata in epoca moderna, nel 1822, attualmente è l’ingresso principale di Orvieto. L’impianto è moderno, realizzato in regolari conci di pietra che danno semplicità ed eleganza alla struttura. Alle due estremità si trovano due statue decorative rappresentanti l’aquila imperiale e l’oca, tratti dallo stemma cittadino orvietano e strettamente legati alla storia della città di Roma. L’oca fa riferimento alle oche del Campidoglio, consacrate alla dea Giunone, le quali sventarono numerosi attacchi alla città grazie al loro schiamazzo.

Alle porte della città, a poca distanza dal Pozzo di S. Patrizio, si possono ammirare i resti di un antico tempio etrusco, noto come Tempio del Belvedere forse era dedicato alla divinità Tinia (il Giove degli Etruschi). Della struttura originaria rimangono ancora perfettamente conservati il basamento e la scalinata monumentale di ingresso, mentre delle quattro colonne che dovevano incorniciare l’aula sacra, sono rimaste solo le basi. Altri resti architettonici del tempio, quali frammenti dei fregi decorativi sono custoditi al Museo archeologico di Faina.

Il tempio del Belvedere costituisce, insieme alle Necropoli del Crocifisso del tufo e di Cannicella, ed all’area archeologica fuori città del Fanum Voltumnae, la chiara testimonianza dell’importanza degli Etruschi nel territorio orvietano.

Ad ovest della rupe orvietana, in una località chiamata “Campo della Fiera”, sono ancor oggi in corso scavi archeologici finalizzati ad indagare la zona circostante. Il rinvenimento di reperti di varia natura quali monete, gioielli, resti di edifici, fregi e ceramiche greche, ha portato gli studiosi a identificare l’area ai piedi di Orvieto come la famosissima Fanum Voltumnae di cui parlano gli scrittori antichi. Si tratterebbe infatti di uno dei luoghi sacri e politici più importanti del mondo etrusco. Il santuario, era infatti dedicato al dio Voltumna, ed era la sede federale delle dodici città della lega etrusca. Lo stesso Tito Livio racconta che presso tale luogo sacro si celebrassero non solo feste religiose ma eventi mondani e politici quali fiere, mercati, giochi solenni e spettacoli teatrali, oltre che essere il luogo preposto all’elezione dei comandanti militari.

A poca distanza dal Duomo, percorrendo la via Maitani, si giunge a quello che una lapide danneggiata definisce “il punto più alto della città”, la piazza Febei, comunemente chiamata dagli orvietani Piazza San Francesco. Fin dal XIII secolo, accanto al Palazzo dei Coelli, vennero costruite la chiesa di San Francesco ed il convento annesso, nel luogo in cui precedentemente sorgevano un’altra chiesa, dedicata a Santa Maria della Pulzella, e un altro monastero abitato da monaci benedettini.

L’intero complesso venne ampliato nel 1262 per volere di San Bonaventura e definitivamente consacrato nel 1266 dal papa Clemente IV. Da quel momento in poi la Chiesa di San Francesco dovette ricoprire un ruolo importante per la città. La tradizione attribuisce la fondazione del convento a San Francesco in persona, e addirittura pare che quella di Orvieto sia stata la seconda Chiesa ed essere intitolata al poverello di Dio, dopo la Basilica di Assisi.

Certo è che l’edificio dovette svolgere persino la funzione di chiesa cattedrale cittadina per molti anni e tra le sue mura si verificarono eventi storici importanti quali il funerale di Enrico d’Inghilterra e la canonizzazione di Luigi IX di Francia ad opera di Bonifacio VIII.

Nel Cinquecento, su progetto di Ippolito Scalza, venne ricostruito il chiostro, mentre ad un intervento moderno del 1773 si deve l’interno in forme barocche.

Dal punto di vista strutturale l’edificio presenta forme semplici, con una sola navata interna, copertura a capriata e facciata in mattoni decorata da tre portali d’ingresso con arco a sesto acuto, sormontati da una finestrella centrale e due rosoni laterali.

Dal 2009, gli ambienti dell’annesso convento ospitano la Biblioteca Comunale L. Fumi.

La bellissima Torre del Moro svetta con fierezza al crocevia di tre delle strade più importanti della città, tra Corso Cavour, Via della Costituente e Via del Duomo, quasi a sottolineare il cuore della città e a fare da spartiacque tra i quattro quartieri che la compongono. Anticamente nota come Torre del Papa, pare che la torre fosse stata concessa al Comune di Orvieto, insieme all’annesso stabile del Palazzo dei Sette, dal pontefice Leone X, nel 1515.

Sull’etimologia del nome sono state avanzate diverse ipotesi: secondo alcuni deriverebbe dall’insegna del moro o saracino che veniva affissa alla torre in occasione delle giostre medievali, secondo altri sarebbe da attribuire a Raffaele di Sante, detto “il Moro” che vi abitò nel XVI secolo.

La torre si erge per un’altezza di circa 50 metri sulla città, è visitabile e si può arrivare fino alla terrazza sulla sommità, da cui si gode una vista mozzafiato a 360 gradi sull’intera città di Orvieto e sul territorio circostante.

Annesso alla torre del Moro e direttamente connesso ad essa, si trova il Palazzo dei Sette. Anticamente appartenuto ai Conti Della Terza, passò in seguito sotto il dominio Papale e fu sede del Governatore durante il periodo Comunale. Secondo la tradizione pare che il palazzo avesse ospitato per un certo periodo anche Antonio da Sangallo. Il nome deriva dalla funzione importantissima che l’edificio rivestì alla fine del Duecento, quando venne scelto come sede della magistratura dei sette consoli rappresentanti delle Arti e dei Mestieri della città di Orvieto.

L’edificio fu oggetto di rimaneggiamenti e modifiche nel Cinquecento ed in epoca moderna, quando nel 1996 venne trasformato in un’elegante sala espositiva per mostre ed eventi.

Al numero 122 del Corso Cavour, a pochi passi dal Duomo di Orvieto, sorge la bellissima struttura neoclassica del Mancinelli, il Teatro cittadino, pregevole esemplare di architettura ottocentesca.

L’edificio venne realizzato nel 1838, per volere di un gruppo di abitanti della città che decisero di fondare un consorzio finalizzato alla costruzione di un vero e proprio teatro della città. I lavori e la realizzazione del progetto in elegante stile neoclassico vennero affidati a Virginio Vespignani, un architetto molto noto al quale si devono numerosi interventi di restauro su molti palazzi orvietani.

Prima di questa data l’attività teatrale veniva svolta, a partire dal XVI secolo, nella sala al piano superiore del Palazzo del Popolo, su di una struttura lignea che si rivelò inadeguata per la prosecuzione dell’attività artistica. Gli attori che si esibirono per anni sui palcoscenici orvietani facevano parte di due associazioni, la prima era detta “degli Scemi” o “dei Confusi“, e venne sostituita dalla seconda chiamata “dei Misti“, nel XIX secolo.

Il teatro Mancinelli presenta anche al suo interno delle sale ampie ed eleganti che rispettano perfettamente la monumentalità della facciata esterna. Sulla scalinata d’ingresso si trovano i busti di quattro personaggi importanti: l’architetto Vespignani che realizzò l’opera; il pittore Fracassini al quale si deve il bellissimo dipinto del sipario teatrale; dei due fratelli Marino e Luigi Mancinelli. A quest’ultimo, famoso compositore e direttore musicale, è intitolato l’edificio fin dal 1922.

Il Museo Archeologico Nazionale di Orvieto si trova nel cuore della città, in piazza del Duomo, negli ambienti di quello che un tempo era stato il Palazzo Papale, di fronte all’altro museo cittadino di Faina.

L’edificio espone una ricchissima raccolta dei reperti archeologici rinvenuti, nel corso dei secoli, nei siti che gravitano intorno alla città: dalle Necropoli etrusche del Crocifisso di tufo e di Cannicella, che si sviluppano ai piedi della rupe, fino a centri minori circostanti come Porano ed ai recenti rinvenimenti fatti dalle campagne di scavo ancora in corso presso il sito di Campo della Fiera, identificato con il famosissimo Fanum Voltumnae.

Tra i reperti ceramici di varia natura e provenienza, sono sicuramente molto interessanti i buccheri di produzione etrusca, ma anche statuine in bronzo ed altri oggetti legati al corredo funerario delle famiglie sepolte nelle necropoli.

Una sala del Museo Archeologico Nazionale di Orvieto è dedicata alla ricostruzione delle due tombe Golini. Si tratta di due ambienti sepolcrali rinvenuti alla fine dell’Ottocento, sulle cui pareti erano conservati affreschi decorativi interessantissimi per la ricostruzione della vita quotidiana antica. Per garantire la conservazione dei dipinti, questi sono stati asportati dal luogo originale e sistemati al museo nel perfetto rispetto di quella che doveva essere la loro vera collocazione. Le scene rappresentate descrivono, con dovizia di particolari, il banchetto funebre del defunto in presenza degli dei inferi, circondato dai servi impegnati nella lavorazione e preparazione dei cibi.

La presenza etrusca ha caratterizzato la storia e la conformazione di Orvieto sin da tempi antichi, a partire dal VI secolo a.C., e per molto tempo, lasciando importantissime tracce ancor oggi visibili sia in superficie che nel ricco sottosuolo. Come spesso accade, non solo le città dei vivi ma anche quelle dei morti, diventano per gli archeologi e i visitatori moderni, fonte di interesse ed attrattiva. Ad Orvieto si sono mirabilmente conservate e sono oggi visitabili, con l’accompagnamento di una guida, ben due grandi aree dedicate alla sepoltura dei defunti di epoca etrusca, posizionate rispettivamente a nord e sud della grande rupe tufacea: la Necropoli del Crocifisso del Tufo e la Necropoli della Cannicella. La prima delle due necropoli etrusche di Orvieto prende il nome da un crocifisso scolpito nella parete tufacea di una piccola chiesetta cristiana realizzata nell’area in epoca medievale, mentre la seconda è così chiamata per la presenza di numerosi canneti che circondano la zona. In entrambe le necropoli etrusche di Orvieto è possibile riconoscere gli ambienti funerari di forma rettangolare, perfettamente inseriti nell’impianto urbanistico regolare. Molte delle tombe conservano ancora il nome delle famiglie che vi sono state sepolte, mentre i numerosi reperti ed oggetti dei corredi funerari ritrovati, sono oggi conservati nei musei cittadini.

Sulla Necropoli di Cannicella sorgeva anche un Santuario, dedicato alla dea Vei, (l’etrusca Demetra), nominata in un’iscrizione rinvenuta in zona, e testimoniata anche dal rinvenimento di uno dei reperti più interessanti dell’intera collezione cittadina: la Venere di Cannicella, una figura femminile proveniente dall’isola greca di Paro e oggi conservata al Museo Faina di Orvieto.

Il Palazzo Comunale, ancora oggi sede del Comune di Orvieto, è situato in Piazza della Repubblica, adiacente alla Torre campanaria ed alla Chiesa di S. Andrea.

L’impianto originale si data al XII secolo ma il suo aspetto moderno è frutto di rifacimenti successivi. Nel corso della sua esistenza, infatti, l’edificio passò sotto il dominio di nobili famiglie locali e della Chiesa, fino a tornare proprietà comunale tornando a svolgere definitivamente la propria funzione. L’ultimo grande intervento di restauro venne realizzato nel 1532 quando venne commissionato il modello di ristrutturazione al Sangallo, e poi la direzione dei lavori venne affidata ad Ippolito Scalza. Si seguirono i due modelli, quello del Sangallo per il porticato del piano inferiore, quello dello Scalza per i piani superiori ma i lavori, interrotti nel 1581, non vennero mai portati a termine come si evince dal loggiato incompiuto del palazzo.

L’edificio presenta tuttavia un aspetto molto elegante organizzato su tre livelli: il primo presenta il loggiato d’ingresso che sostiene i balconi soprastanti, il secondo è composto da un ordine di finestre incorniciate e sormontate da timpani, il terzo ed ultimo presenta piccole finestre rettangolari.

All’interno del palazzo comunale sono presenti decorazioni pittoriche ad architettoniche degne di nota, tra le quali spiccano per importanza, tutti gli stemmi e le vedute dei castelli che si trovavano sotto la giurisdizione di Orvieto nel XVII secolo e che sono minuziosamente rappresentate nell’Aula Consiliare del Palazzo.

A poca distanza dalla Torre del Moro, ideale cuore della città, si trova la Piazza del Popolo. Importante fin dai tempi antichi perché qui si svolgeva il mercato cittadino e perché era il fulcro della vita sociale, civile ed anche politica della città. Sulla Piazza infatti sorge, ancor oggi, l’omonimo Palazzo del Popolo, il quale venne realizzato nel XIII secolo, probabilmente su commissione della famiglia Neri della Greca, riutilizzando un precedente edificio papale. Il palazzo ebbe l’importantissimo ruolo di essere sede del Capitano del Popolo, un personaggio di spicco nel periodo medievale che era il rappresentante del Popolo e che svolgeva un ruolo politico fondamentale al fianco di Consoli e Podestà.

Per qualche tempo l’edificio venne adibito anche a sede del Podestà stesso e nel XVI secolo, addirittura al primo piano del palazzo venne allestito un teatro.

Le forme architettoniche sono eleganti e raffinate, con arcate a tutto sesto ad incorniciare le eleganti trifore del primo piano che garantivano l’illuminazione della sala principale del palazzo.

L’aspetto attuale è dovuto ad alcuni interventi di restauro e riqualificazione dell’edificio avvenuti nel XIX secolo ad opera di Paolo Zampi. In tale occasione, nel 1989, all’interno del Palazzo vennero realizzate tre ampie sale congressuali: la Sala dei Quattrocento, la Sala Expo e la Sala Etrusca che ospitano importanti eventi cittadini. Il palazzo, divenuto appunto Centro Congressuale cittadino, non è visitabile dai turisti.

In piazza del Duomo, riutilizzando gli ambienti che un tempo avevano ospitato le dimore dei Monaldeschi, una delle più potenti famiglie orvietane del XIII secolo, il Palazzo Faina ospita oggi l’omonimo Museo. L’edificio, sede museale dal 1954, venne acquistato nell’Ottocento dal Conte Claudio Faina senior, che vi trasferì la collezione di famiglia conservata a Perugia. In quell’anno, l’ultimo erede della famiglia, Claudio Faina junior, decise di fare donazione del palazzo e di tutti i propri averi alla Municipalità di Orvieto per il finanziamento della “Fondazione per il Museo Claudio Faina”.

L’esposizione attuale, molto ricca, si articola su vari livelli. Al pianterreno è ospitato il Museo civico con la raccolta di importanti reperti archeologici di siti orvietani, tra gli oggetti più famosi è sicuramente da ricordare la Venere di Cannicella. Al piano superiore invece è presente la collezione di famiglia dei Faina, con il preziosissimo monetario: una collezione numismatica di pezzi di epoca romana, dal periodo repubblicano a quello imperiale, esposti in rigoroso ordine cronologico. Al secondo piano infine sono conservati esemplari ceramici di epoca etrusca e greca, organizzati secondo un criterio tipologico e cronologico. In questo ultimo piano del palazzo è presente inoltre un corridoio dal quale si può ammirare una visione del Duomo molto particolare e suggestiva.

Il suggestivo Museo delle Maioliche Medievali e Rinascimentali orvietane è stato allestito in via della Cava, in una delle aree più antiche della città, all’interno di una fornace antica ormai in disuso. La collezione ricchissima deriva dalle produzioni e dagli scarti di due antiche fornaci situate nella stessa via della Cava, ed attive per circa due secoli tra il Trecento ed il Cinquecento.

Per lungo tempo si è ritenuto che le produzioni giunte ad Orvieto fossero tutte di importazione da altri centri umbri e del centro Italia (esempio Deruta) ma, una più attenta analisi degli elementi stilistici e decorativi delle ceramiche conservate nel museo ha portato alla grandiosa conclusione che buona parte delle produzioni dovessero essere locali ed esportate in altre grandi città della zona quali Gubbio, Montelupo o Faenza, dove si riscontrano ceramiche identiche a quelle orvietane.

Il Museo delle maioliche medievali e rinascimentali orvietane si compone di dieci sale, ognuna dedicata ad una sezione particolare dell’esposizione, la più importante è sicuramente la Sala dei Simboli, in cui sono conservati i pezzi più importanti della collezione.

Una delle attrazioni turistiche più note della città di Orvieto è sicuramente il Pozzo di San Patrizio. Il capolavoro di ingegneria idraulica, pur inserendosi nell’intricato sistema sotterraneo dell’intera città, costituisce un unicum nel suo genere ed una meraviglia da non perdere.

L’opera venne commissionata nel 1527 dal pontefice Clemente VII, il quale si era rifugiato ad Orvieto in seguito al rovinoso “sacco di Roma”. Con l’obiettivo di assicurare l’approvvigionamento idrico della Fortezza Albornoz in caso di assedio, il pontefice commissionò l’ambizioso progetto ad Antonio da Sangallo il Giovane, il quale dimostrò tutta la propria abilità di artista rinascimentale.

Il pozzo ha una profondità di ben cinquantatré metri per un diametro di tredici ed è posizionato all’interno della Fortezza nel luogo in cui sarebbe stato strategicamente più semplice raggiungere la falda acquifera. L’eccezionalità del progetto sta nella trovata del Sangallo di realizzare due monumentali scalinate elicoidali (sul modello della scala a chiocciola di Villa Belvedere in Vaticano) che non si incontrano mai, ognuna delle quali composta di ben 248 scalini, finalizzate a garantire lo spostamento delle bestie da soma utilizzate per il trasporto dell’acqua, senza che queste si scontrassero nei due sensi di marcia. Oggi la suggestiva scalata è visitabile e percorribile dai turisti che vogliano godere di uno spettacolo senza paragoni. I corridoi delle scale sono illuminati da settantadue finestre che danno all’intera struttura un’atmosfera suggestiva. Il pozzo inizialmente era noto come Pozzo della Rocca, ma venne ribattezzato con l’appellativo dei San Patrizio, per volere dei monaci del vicino convento dei Servi, i quali assimilarono la struttura orvietana al famoso pozzo del santo irlandese, da cui si raccontava che si potesse discendere fino al Purgatorio.

In una delle zone più antiche e suggestive della città, accessibile da Via della Cava, si trova l’interessante ed omonimo Pozzo, così chiamato in quanto l’area ospitava in antichità una cava di materiali da costruzione.

Il pozzo, portato alla luce da diversi interventi, ha restituito una profondità di ben 36 metri, articolati in due strutture annesse: la prima a pianta circolare presenta un diametro di circa 3,40 metri, la seconda di forma rettangolare, ha dimensioni 60 x 80 centimetri e presenta i chiari segni delle “pedarole” etrusche, ovvero incisioni realizzate sulle pareti per consentire la salita e la discesa.

In seguito al rinvenimento di una lettera autografa di Antonio da Sangallo il Giovane, scoperta da Lucio Ricetti nel 1999, si potè confermare che quello della Cava fu il primo pozzo realizzato ad Orvieto su commissione del papa Clemente VII, intorno al 1527, prima ancora dell’altrettanto famoso Pozzo di S. Patrizio.

Il pozzo venne interamente scavato a mano nel tufo litoide di cui è composta la rupe orvietana, e dovette avere un’origine molto antica, in quanto tutto intorno ad esso si sviluppano una serie di ambienti e “grotte” databili a varie epoche e con funzioni differenti: resti di tombe, cunicoli per l’acqua e cisterne databili al periodo etrusco, ma anche resti di un forno per la lavorazione della ceramica o di cantine di età medievale.

Nel periodo natalizio, il Pozzo è diventato da alcuni anni, il luogo ideale per un suggestivo Presepe che è divenuto un evento di attrazione turistica della città noto appunto come “Il Presepe nel Pozzo”, con vere e proprie rappresentazioni religiose sul tema della natività.

Quella di San Giovenale è probabilmente la chiesa più antica della città di Orvieto. Sorge all’estremità occidentale della rupe cittadina, sui resti di una precedente chiesa paleocristiana, già intitolata al medesimo santo, a sua volta realizzata in prossimità di un antico tempio etrusco dedicato a Tinia (Giove).

L’impianto dell’edificio moderno risale al 1004, quando venne fatta erigere su commissione e finanziamento di alcune nobili famiglie della città: i Conti, i Rossi, i Di Marsciano, i Ranaldini ed altri che abitavano il quartiere dell’Olmo.

Attualmente la chiesa di San Giovenale conserva la semplicità delle forme romaniche, con la facciata in conci di tufo squadrati a vista, in cui si apre il portale centrale con arco a tutto sesto. Sul lato sinistro della facciata si erge il campanile, più volte rimaneggiato nella parte superiore a causa dei danni provocati dai fulmini, mentre sul lato destro dell’edificio si apre un portale in stile rinascimentale, decorato dal busto in bassorilievo di San Giovenale, in abiti da vescovo, datato al 1497. All’interno la chiesa si articola in tre navate, quella centrale più ampia voltata a capriata, le due laterali più piccole, voltate a botte. Sulle pareti, grazie agli interventi di restauro realizzati in epoca moderna, sono stati messi alla luce i resti di alcuni pregevoli affreschi della pittura medievale orvietana, datati al XIII secolo circa. Purtroppo parte di queste opere d’arte era stata intonacata e coperta di bianco, intorno al 1640, forse in seguito ad un processo di sanificazione della chiesa che era stata rifugio e ricovero degli ammalati di peste durante la grave epidemia.

I resti dell’imponente Fortezza di Albornoz sorgono sull’estremità orientale della Rupe tufacea, accessibile da Piazza Cahen e addossata alla Porta Rocca o Soliana.

Per la sua posizione strategica di dominio e controllo della sottostante vallata del fiume Paglia, la struttura venne realizzata nel XIV secolo su commissione del cardinale Egidio Albornoz, legato del papa Innocenzo VI. Secondo le notizie della Cronoca Orvietana, i lavori cominciarono ufficialmente il 25 settembre del 1364, sotto la direzione del Conte Ugolino di Montemarte, che a quel tempo ricopriva la carica di architetto militare, a spese del Comune di Orvieto. La struttura originaria presentava un massiccio corpo di fabbrica quadrangolare con torri difensive ai lati e protetto da un fossato con ben due ponti levatoi. Purtroppo del complesso originario, oggi si conservano soltanto una parte delle mura perimetrali, la torre ed il cammino di ronda.

Distrutta infatti quasi interamente nel 1390, la Fortezza venne ricostruita sull’antico perimetro da Antonio da Carpi e nel 1527, per ordine del papa Clemente VII, l’approvvigionamento idrico della Fortezza venne garantito dalla costruzione del famoso Pozzo di San Patrizio.

Gli ultimi interventi vennero realizzati in epoca moderna a partire dal 1888, con il riempimento del fossato per la realizzazione della Funicolare e la costruzione di un Anfiteatro per spettacoli diurni. Attualmente la Fortezza di Albornoz è sede del Parco Giardino Pubblico di Orvieto, da cui si gode di una meravigliosa vista sul panorama sconfinato della valle sottostante.

Scopri cosa fare ad Orvieto, la città dalle mille sorprese.

Se pensavate che la città avesse già mostrato il meglio di sé con i gioielli architettonici, artistici ed archeologici della superficie, rimarrete delusi. Oppure estasiati. Infatti, Orvieto si sviluppa per un’intera parte al di sotto del piano di calpestio. Una vera e propria città, sotto la città. Quella che viene chiamata da tutti “Orvieto Sotterranea” o “Orvieto Underground” è uno straordinario mondo. Articolato e suggestivo tanto e forse più di quello ammirabile alla luce del sole. Dove perdervi nel labirinto di oltre 1200 cavità tra tunnel, canali, antiche cave, cisterne e pozzi di epoche diverse.

Nelle viscere della terra troverete il Museo delle Maioliche Medievali e Rinascimentali Orvietane. Soltanto una delle collezioni cittadine che conservano gli innumerevoli resti di una civiltà ricca di storia e cultura. Per avere una visione più ampia dovrete visitare allora anche il Museo Archeologico Nazionale ed il Museo Civico Faina, entrambi in Piazza del Duomo.

E se i musei non dovessero essere di vostro gradimento, Orvieto avrà ancora di che stupirvi. Grazie alla ricchezza del territorio circostante ai piedi della Rupe. Gli amanti del trekking e della natura partendo da Piazza Cahen in città potranno percorrere, per circa cinque chilometri, l’intero perimetro dello zoccolo tufaceo su cui sorge la città. Il cosiddetto Anello della Rupe. Che alterna a scenari paesaggistici da favola, suggestive tracce di civiltà antiche. Le necropoli etrusche del Crocifisso del Tufo e della Cannicella. Nonché il famoso Fanum Voltumnae. Queste meraviglie del passato, a così poca distanza dal centro storico, hanno ancora molto da raccontare a turisti e visitatori curiosi.

A questo punto sarete forse stanchi ed appagati. Per cui mettendovi a bordo della vostra auto potrete percorrere alcuni chilometri in direzione sud e raggiungere un altro luogo degno di nota, la Badia (Abbazia dei Santi Severo e Martirio). Un’imponente struttura dell’XI secolo. Oggi, sebbene sia divenuta una moderna struttura ricettiva, conserva ancora tutta la magia della devozione medievale. La torre dodecagonale ed altri ambienti visitabili vi faranno dimenticare il tempo e lo spazio.

Che aspettate?

Per saperne di più...

LA STORIA DI ORVIETO DALLE ORIGINI AL MEDIOEVO

La storia delle origini di Orvieto ha una memoria antica, risalente al IX secolo a.C., quando nella grande rupe di tufo comparvero le tracce di una prima comunità villanoviana. Erano gli antenati degli Etruschi, i quali divennero gli indiscussi padroni dell’Italia Centrale per circa sei secoli. La città di Velza (Volsinii per i Romani, l’attuale Orvieto appunto) era sede della lega delle dodici città principali. Ancora prima del grandioso Impero Romano, che dominò il Mediterraneo, Orvieto era culla di cultura e civiltà.

Del prospero periodo etrusco la città conserva ancor oggi tantissime vestigia che ne testimoniano il glorioso passato: le Necropoli del Crocifisso del Tufo e di Cannicella, il Tempio del Belvedere, le numerose ceramiche ed oggetti appartenenti a corredi funebri conservati nei musei cittadini. Infine, il recentissimo sito archeologico di Campo della Fiera, che molti studiosi identificano con il famoso Fanum Voltumnae, ovvero la sede della lega delle città Etrusche. Il luogo in cui, secondo gli scrittori antichi, periodicamente si riuniva il Concilio dei capi etruschi per deliberare su affari di politica interna ed estera ed eleggere il comandante della lega. Fin dalle origini, Velza, e dunque Orvieto dovette ricoprire un ruolo importante.

A causa di dissidi interni, dovuti soprattutto alla rivolta degli schiavi, alcune famiglie nobili etrusche si rivolsero ai Romani per ottenere aiuto. Un manipolo di soldati guidati dal generale Quinto Fabio Massimo, venne inviato immediatamente ma la rivolta fu tanto efferata che lo stesso generale cadde vittima dei nemici, per cui la repressione da parte dei Romani fu ancora più dura. Nel 264 a.C. la grandiosa città di Velza venne completamente rasa al suolo ed i suoi abitanti costretti a trasferirsi nei pressi di Bolsena, la Volsinii Novi dei Romani. Iniziò così un periodo di decadenza e di quasi totale abbandono per la rupe di tufo. Gli affezionati abitanti vi poterono fare ritorno soltanto a partire dal III secolo d.C., in piena crisi dell’Impero Romano.

Con le invasioni barbariche di Goti e Longobardi iniziò infatti un lento processo di ripopolamento della città, a partire dal versante occidentale della Rupe, che portò alla nascita di quella che sarebbe diventata la Urbs Vetus del Medioevo.

LA STORIA DI ORVIETO TRA L’ETA’ COMUNALE ED IL RINASCIMENTO

L’anno 1137 sancì la nascita di Orvieto come Libero Comune anche se, solo pochi anni dopo, nel 1157, una delegazione papale ne formalizzò l’investitura, rimettendo il controllo della città nelle mani del Pontefice. Il giogo papale, affidato a personaggi diversi tra cui spiccano nomi quali Pietro Parenzo, trasformò Orvieto in una roccaforte guelfa in costante lotta con le fazioni ghibelline della città. Le due nobili famiglie locali che si contesero il potere per decenni furono i Monaldeschi, guelfi e i Filippeschi, ghibellini. Nonostante le tensioni interne, la protezione del Papato garantì alla città nuovi stimoli culturali e sociali che si trasformarono in un periodo di grande sviluppo e prosperità per Orvieto.

Durante il XIII secolo si consolidò la struttura politica della città, con l’istituzione delle più importanti magistrature comunali. Vennero istituiti il Consiglio dei Quattrocento (1215), la figura del Capitano del Popolo (1250) e la Magistratura dei Sette (1292). Contemporaneamente la città cambiò volto, con la realizzazione di importanti opere architettoniche ed urbanistiche, che culminarono con l’apertura del cantiere del Duomo nel 1290. In questi anni la struttura della città rifletteva, a livello urbanistico, l’eccellente organizzazione istituzionale. I quattro quartieri della città: Serancia, San Giovenale, Postierla e Santa Pace divennero sede dei poteri riconosciuti dal Comune con una distribuzione equa. Il Duomo divenne simbolo del potere religioso, il Palazzo del Popolo divenne espressione della sovranità popolare, il Palazzo Comunale e la attuale Piazza della Repubblica divennero sede del potere politico.

Il fiorente periodo si concluse, purtroppo, nel 1348. A causa della grave epidemia di peste che devastò l’Italia e delle continue lotte interne delle famiglie nobili locali (quattro rami della stessa famiglia dei Monaldeschi erano in conflitto tra loro), la città cadde nuovamente ed in maniera definitiva sotto il controllo papale. Nel 1354, il cardinale Egidio Albornoz guidò le truppe del pontefice fino alla città e cominciò i lavori di costruzione della Fortezza Albornoz. La città di Orvieto divenne, così, un vero e proprio rifugio dei papi dopo l’invasione di Roma da parte dei Lanzichenechi. Chiara testimonianza di questa presenza sono ancora oggi le statue di Bonifacio VIII presso le Porte cittadine Maggiore e Soliana e la costruzione dei due famosissimi pozzi, della Cava e di S. Patrizio. Commissionati nel 1527 da papa Clemente VII, per assicurare l’approvvigionamento idrico della Rocca in caso di assedio.

Tuttavia, così come già era accaduto nel XIII secolo, anche nel XVI la presenza papale fu di stimolo per la città, favorendone la prosperità architettonica e culturale. Fu proprio in questo periodo che operarono ad Orvieto personaggi come Antonio da Sangallo, Ippolito Scalza, Francesco Mochi e gli attori delle Accademie dei Confusi e dei Misti, che portarono anche alla nascita del teatro cittadino.

LA STORIA DI ORVIETO NELL’ETÀ’ MODERNA

Nel 1798 l’avvento delle truppe francesi portò all’insurrezione della popolazione orvietana. Insurrezione che venne duramente e facilmente repressa dalle truppe napoleoniche con la successiva erezione del monumento in Piazza Maggiore, noto come Albero della Libertà.

Un nuovo periodo di prosperità per la città si ebbe soltanto alcuni decenni più tardi, nel 1860. Con l’annessione al nascente Stato italiano, grazie all’eroica azione dell’orvietano Filippo Antonio Gualterio. Egli riuscì a mettere insieme un esercito di volontari, i cosiddetti “Cacciatori del Tevere”, i quali costrinsero alla resa le truppe pontificie.

Da questo momento in poi Orvieto conobbe un’ennesima fase di prosperità e sviluppo. In questi anni infatti venne costruita la prima funicolare ad acqua per volere del sindaco Bracci. Fu portata la corrente elettrica grazie alla costruzione del moderno impianto della centrale realizzato dall’ingegner Netti. Venne eretto il primo vero teatro cittadino su progetto dell’architetto Vespignani e si cominciarono i lavori per la “Fondazione del Museo Faina”. L’attività di privati, unita all’intervento del Parlamento nazionale ed europeo, ha portato a partire dal XX secolo all’attuazione del “Progetto Orvieto”. Un ambizioso programma di recupero e valorizzazione della storia e dei monumenti cittadini allo scopo di riqualificare la città, che è divenuta oggi un importante polo di attrazione turistica nazionale ed internazionale.

Come ogni città umbra che si rispetti, Orvieto vanta una fiorente attività di artigianato che spazia in vari settori: dal ferro battuto ai gioielli, fino al cuoio ed alla terracotta. Accanto a queste attività generiche, si trovano alcune eccellenze locali che vantano un’origine antica ed una maestria consolidata da anni di esperienza e tradizione.

È il caso per esempio della ceramica, la cui lavorazione in città risale alle civiltà villanoviane, precedenti persino agli etruschi. I numerosissimi resti di ceramica raccolti nei siti archeologici antichi e le documentazioni storiche che ricordano gli artisti della ceramica tra le corporazioni cittadine, testimoniano l’importanza che tale prodotto rivestì per oltre tre millenni di storia. Ancor oggi le ceramiche orvietane si distinguono per l’eccellenza della fattura e l’innovazione decorativa, realizzata con smalto e pittura sotto vetrina. Alle ceramiche di tradizione antichissima, ad Orvieto si affiancano altre due attività di artigianato più recenti ma non meno degne di nota: la produzione del merletto d’Irlanda e la lavorazione del legno.

Nel 1907 per volere dei conti Eugenio e Claudio Faina, venne istituita una società di patronato chiamata Ars Wetana. Aveva l’obiettivo di fornire alle donne un lavoro a domicilio che garantisse un minimo guadagno senza eccessiva fatica. La figlia di Claudio, Maria Vittoria, fu la prima ad ottenere un piccolo fondo e, insieme ad altre donne, diede vita a quella che poi è divenuta una produzione iconica della città: i merletti dalle decorazioni originalissime che riproducono animali, fiori, piante e figure ispirate ai bassorilievi del Duomo orvietano.

La lavorazione del legno costituisce una produzione d’eccellenza in numerose città umbre. Ad Orvieto, tuttavia, la lunga tradizione riconosce un importante esponente di quest’arte nel personaggio di Gualverio Michelangeli (1929-1986). A lui è stato persino dedicato un Vicolo cittadino, nel quale ancor oggi è possibile ammirare i capolavori del maestro. Dall’oggettistica fino al mobilio per le case, la produzione orvietana di manufatti in legno sarà capace di stupirvi.

GASTRONOMIA  E PRODOTTI TIPICI DI ORVIETO

Sebbene sia isolata sulla sommità della sua rupe, idealmente separata dalla valle sottostante e dal territorio attiguo, la città non viene meno alla peculiare ricchezza della cucina umbra. Ne conserva tutti i pregi e le caratteristiche. Gli ingredienti della terra, combinati in maniera semplice, rendono la cucina orvietana capace di solleticare le papille gustative in un’esaltazione dei sapori. Prodotti sani e genuini di una terra pura ed incontaminata saranno i protagonisti dei vostri pasti sulle tavole locali.

La selvaggina, grazie alla ricchezza della vegetazione circostante, costituisce il piatto principale: quaglie, tortore, piccioni e palombe vengono cucinati nei modi più diversi e con numerose varianti di una stessa ricetta. Questo per regalarvi un’emozione sempre nuova ed irripetibile.

Accanto ai prodotti del territorio, scoprirete la maestria dei cuochi locali. Non fatevi ingannare dai nomi bizzarri e fuorvianti ed affrettatevi ad assaggiare tutto. Gli umbricelli (pasta fresca fatta a mano), le lumachelle (dolcetti preparati con acqua, farina e formaggio), le cicale (frittelle con i fiori di zucca) e ovviamente non dimenticate i tipici ciambelloni all’anice e le frittelle di San Giuseppe (che potrete trovare solo nel giorno dedicato al santo, il 19 Marzo). Un altro piatto tipico, che non deluderà di certo i palati più esigenti, è la “gallina ubriaca“. Un gustosissimo pollo cotto nell’inconfondibile vino di Orvieto, e non dimenticate di richiedere la specialissima Pera di Monteleone d’ Orvieto. Chiamata anche “bistecca del villano” per la consistenza che la caratterizza e per le sue ottime proprietà nutritive. Un piatto unico che non troverete da nessun’altra parte!

Buon appetito!

OLIO E VINO

Per la felice posizione e la fertilità del territorio che la circonda, Orvieto vanta dei prodotti tipici che sono un’eccellenza non solo all’interno del panorama regionale, ma anche nazionale. Fin dai tempi degli Etruschi la regione era nota per la qualità del vino prodotto. La tradizione si è conservata e modernizzata, guadagnandosi il riconoscimento del marchio DOC. Le varianti che potrete degustare sono l’Orvieto Classico, il Classico Superiore ed il Rosso Orvietano. Sebbene la produzione maggiore sia quella di vino bianco, se ne trovano varianti anche di rosso e rosato. Alcune cantine locali propongono visite guidate delle vigne e degustazione dei prodotti per buona parte dell’anno.

Dal 1997, con l’istituzione del marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta) per l’olio extra vergine d’oliva, l’eccellenza di produzione orvietana è stata inserita tra le cinque sottozone che si differenziano per condizioni pedoclimatiche e tecniche agronomiche di lavorazione: Colli di AssisiSpoleto, Colli Martani, Colli Amerini, Colli del Trasimeno e Colli Orvietani. Tutti gli oli prodotti e riconosciuti nelle sottodenominazioni, sono miscele di diverse varietà di olive che conferiscono peculiarità ed unicità alle singole produzioni. L’olio extra vergine d’oliva realizzato ad Orvieto rientra nella sottozona dei “Colli Orvietani“, da cui prende il nome, ed è ottenuto da una miscela di Moraiolo (15%), Frantoio (30%), Leccino (60%) ed altre varietà fino al 20%.

Orvieto è inoltre sede del circuito nazionale “Città Slow”, capofila del progetto di conservazione e valorizzazione della genuina cucina locale. Oltre all’olio e al vino, sono da ricordare lo Svinnere, un liquore realizzato con visciole selvatiche e l’Orvietan, una bevanda dolce che, secondo la tradizione, gode di proprietà curative. Fu inventata dall’orvietano Girolamo Ferrante e divenuta famosa per la guarigione di Luigi XIV, re di Francia.

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Una città ricca di storia, tradizione e meraviglie architettoniche senza eguali, capace di attirare turisti da tutto il mondo per tutto il corso dell’anno, non poteva certo non proporre a cittadini e visitatori una lunga serie di eventi di intrattenimento ed arricchimento culturale. Dalla devozione religiosa alla passione per la musica, per il buon cibo e per lo sport, Orvieto propone continuamente iniziative che vi lasceranno a bocca aperta.

Nel periodo di maggio-giugno si celebra la famosissima ricorrenza del Corpus Domini, con la suggestiva processione della reliquia del Corporale legato al “Miracolo del Sangue” di Bolsena ed il corteo storico che la accompagna, con la riproduzione di costumi e personaggi del periodo medievale. Più o meno nello stesso periodo, il giorno di Pentecoste, la piazza del Duomo si riempie di devoti per la festa della Palombella: una colomba viene fatta volare da via Maitani fino ad un baldacchino appositamente preparato di fronte al Duomo, per ricordare la discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli. Nello stesso giorno la città intera colora i suoi balconi e le sue terrazze con i fiori tipici dei quattro quartieri cittadini, in occasione della manifestazione Orvieto in fiore. A Ferragosto la popolazione celebra, in maniera solenne, la patrona della città con la festa di Santa Maria Assunta, a Natale non perdete le bellissime rappresentazioni della natività, inserite nella singolare ambientazione del Pozzo della Cava, per l’evento il Presepe nel Pozzo.

Se insieme allo spirito volete nutrire anche il corpo allora dovete partecipare agli eventi gastronomici di Orvieto con Gusto (ottobre), ottima occasione per gustare tutti i piatti e prodotti tipici cittadini ed I Gelati d’Italia (aprile-maggio), un vero e proprio Campionato del gelato con un gusto rappresentante di ogni regione. Ad agosto, l’evento Orvieto Folk Festival spazia sugli interessi più diversi: agli eventi musicali si uniscono infatti stand enogastronomici e di tradizione locale che vi apriranno una finestra sulla realtà orvietana. E sicuramente da non perdere sono gli altri due eventi musicali di Orvieto Musica e Cultura, dove alle melodie si affiancano il teatro e le più diverse forme d’arte, ed il famosissimo Umbria Jazz Winter, che da oltre vent’anni anima il Capodanno Orvietano attirando amanti del jazz, artisti e visitatori da ogni angolo del pianeta.

Se ancora non fosse sufficiente, per chi ama lo sport, le proposte non sono finite: il sabato prima della festa del Corpus Domini, dieci atleti della città percorrono un circuito ad anello per circa un chilometro intorno al Duomo per la Staffetta dei Quartieri, un tempo chiamata Fiaccolata della Verità. Mentre per chi preferisce i motori, a maggio durante la Cronoscalata della Castellana, macchine d’epoca e moderne si sfidano in velocità su un percorso di circa sette chilometri sulla tortuosa strada che da Ciconia arriva ad Orvieto, passando per il Monte Peglia. Ci sarà da divertirsi!

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Per creare il tuo itinerario avremmo bisogno di qualche informazione in più: indica dunque le date che preferisci, quanti siete e dai un valore ai tuoi interessi, così potremo iniziare a comporre la tua timeline insieme.